«Non voglio dire che l'Italia uscirà dall'Unione monetaria, voglio dire che se non farà le azioni giuste, se la sua crescita resterà bassa, se non riuscirà a dare benessere e opportunità alle generazioni più giovani, lentamente andrà alla deriva rispetto ai Paesi che hanno più successo», ha spiegato Roubini. «Se avrete una crescita bassa, tra zero e uno, per svariati anni, questo avverrà perché il Paese non ha portato avanti le riforme che permettono di aumentare il potenziale di crescita», ha affermato l'economista a margine del Forum.
Contrariamente a quanto è avvenuto in Paesi come la Germania, «in Italia e nel Sud dell'Europa le riforme e le ristrutturazioni aziendali sono state modeste. I salari sono aumentati più della produttività, il cambio si è apprezzato e le esportazioni non hanno coperto a sufficienza il deficit delle partite correnti, sono state perse quote di mercato a causa di Cina e India». Quindi a meno che non si acceleri la velocità delle riforme strutturali, «ci sarà una deriva, forse non necessariamente una grave recessione, ma un malessere economico e sociale fatto di stagnazione economica, bassa occupazione, redditi che non crescono».
Il rischio maggiore per l'Italia è che se non si troverà una soluzione a tutto questo, il deficit e il debito pubblico saliranno e «ci potrebbero essere problemi significativi» anche per la tenuta del Governo. «Non è un rischio per il breve termine - ha aggiunto subito Roubini - ma il Paese «deve fare qualcosa per risolvere radicalmente i problemi di convergenza di crescita» rispetto agli altri big europei. «Avete bisogno di più competitività, di meno burocrazia, di servizi più flessibili, di investimenti nell'innovazione e nella tecnologia, di maggiore produttività. Sono cose che non si fanno da un giorno all'altro, ma bisogna iniziare a farle».
Roubini si è mostrato anche molto critico su come la zona euro si è mossa a fronte della crisi. «È stato fatto troppo poco e troppo tardi. Gli stimoli sono stati inizialmente troppo deboli perché Paesi come la Germania non li hanno voluti fare e altri come Italia, Spagna, Portogallo e Grecia non se lo potevano permettere a causa dei deficit pubblici». Quindi l'Eurozona si ritrova adesso alle prese con una recessione quasi grave come quella degli Stati Uniti, mentre all'inizio era meno pronunciata.
A livello globale l'economista prevede una crescita negativa quest'anno perchè «è recessione anche quando un Paese che cresceva del 7% adesso cresce del 2%». Solo «azioni di politica molto forti» potranno riportare a una ripresa nel 2011 - attorno al +3,5% - dopo una «quasi recessione nel 2010».