lunedì, ottobre 29, 2007

Segnalo l'articolo "Se la festa continua" che mi è stato pubblicato sul Corriere della Sera del 29 ottobre 2007, sulle potenzialità dell’ICT per Roma e il Lazio

Corriere della Sera
29 ottobre 2007
SE LA FESTA CONTINUA
di GIANNI ORLANDI
Tecnologia, non solo cinema

domenica, ottobre 28, 2007

Segnalo un interessante post dove vengono riportati dati di una rilevazione dell’Istat su Ricerca & Sviluppo in Italia, diffusi l’11 Ottobre 2007, riferiti alle imprese, alle istituzioni pubbliche e alle istituzioni private non profit nell’anno 2005.
Il post sintetizza bene la rilevazione Istat e consente considerazioni molto utili sulla situazione della spesa per ricerca e sviluppo in Italia.
Ricerca & Sviluppo
{ 27 Ottobre 2007 }
Dopo innumerevoli convegni (molti made Confindustria) e gli allarmi lanciati dal mondo accademico, questa volta, l’11 Ottobre 2007, è stata l’Istat ha diffondere i risultati di una rilevazione su Ricerca & Sviluppo in Italia, riferendosi alle imprese, alle istituzioni pubbliche e alle istituzioni private non profit e analizzando la situazione nell’anno 2005.
Secondo la rilevazione nel 2005 la spesa totale per R&S intra-muros (risultante dalla somma della spesa per R&S sostenuta da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni non profit e università) è stata pari a 15.599 milioni di euro con una incidenza percentuale sul Prodotto interno lordo dell’1,10%. La spesa per R&S nelle imprese, nelle istituzioni private non profit e nelle istituzioni pubbliche (escluse le università) ammonta complessivamente a 10.887 milioni di euro con un aumento del 6,2% in termini monetari rispetto al 2004.
A livello settoriale, il confronto tra i dati del 2004 e del 2005 mette in evidenza un incremento significativo della spesa delle imprese (+7,7 %), un leggero ridimensionamento della spesa delle istituzioni pubbliche (escluse le università) (-0,8 %) e una crescita della spesa sostenuta dalle istituzioni private non profit (da 233 a 330 milioni di euro). I dati di previsione per il 2006 e il 2007 (non disponibili per le università), indicano limitate aspettative di crescita per le spese di R&S (+2,3 per cento nel 2006 e +3,7 per cento nel 2007).
Nel 2005 il settore delle imprese sostiene con 7.856 milioni di euro oltre il 50% della spesa nazionale per R&S. Segue l’università con il 30,2% (4.712 milioni di euro), il settore delle istituzioni pubbliche (17,3%, pari a 2.701 milioni di euro) e, infine, con una spesa di 330 milioni di euro, il settore delle istituzioni private non profit (2,1%).
La distribuzione regionale della spesa mette in evidenza che, anche nel 2005, il Nordovest mantiene un ruolo trainante con il 37,4% della spesa, seguito dal Centro (27,2%), dal Nord-est (18%) e dal Mezzogiorno (17,4%). La spesa totale rimane fortemente concentrata in tre regioni - Piemonte, Lombardia e Lazio - che coprono il 60,9% della spesa delle imprese, il 62% di quella delle istituzioni pubbliche e il 30,9% della spesa sostenuta dalle università. Complessivamente, si concentra in queste regioni il 52,3% della spesa nazionale.
Relativamente al settore delle imprese, la spesa risulta concentrata per oltre la metà (54,3%) nel Nord-ovest, prevalentemente in Lombardia (30,5%) e in Piemonte (20,3%). Nel settore pubblico si osserva, invece, una diversa distribuzione territoriale : il 58,9% dell’attività di R&S delle istituzioni pubbliche si svolge nell’Italia centrale (in particolare nel Lazio) e il 31,1% di quella universitaria nel Mezzogiorno (ndr con effetti pratici forse non “entusiasmanti”).
Nel 2005, la Lombardia ha superato il Lazio, oltre che per il livello di spesa, anche per quanto riguarda la consistenza del personale addetto alla R&S (18,4%, rispetto al 17,5%). Queste due regioni, assieme al Piemonte, assorbono nel 2005 il 46,5% del personale addetto a livello nazionale. Considerando i singoli settori istituzionali, le tre regioni assommano il 54,5% degli addetti alla R&S nelle imprese (27,8% nella sola Lombardia), il 58,1% di quelli che operano nelle istituzioni pubbliche (46,8% nel Lazio) e il 31,1% degli addetti in ambito universitario.
Questo il sunto della situazione, secondo l’Istat, dato che sono curiosa e sicula, sono andata a guardarmi cosa succede in Sicilia (che non è una di quelle messe peggio, rispetto ad altre). Il totale è della spesa è 629,164 (migliaia di euro) rispetto a 3.341.589 della Lombardia, beh si pensa, ok gli imprenditori in sicilia hanno “problemi”, invece, poi se si va a vedere la composizione rispetto alla spesa complessiva del Lazio (2.814.965), ci si accorge che il 51,2% viene dalle istituzioni pubbliche, il 15,5% dalle istituzioni private, il 12,8% dalle università e solo il 10,1% dalle imprese.
Potremmo allora parlare di un luogo comune sfatato? O che comunque quello che “arriva” al mezzogiorno serve a tutto tranne che al suo sviluppo?
Secondo questo studio, chi usufruisce di finanziamenti molto maggiori, direi di gran lunga maggiori, da parte delle istituzioni pubbliche, in un settore strategico ed importante com R&S, a quanto pare non sembra essere il sud o mezzogiorno che dir si voglia, ma il centro d’Italia (Lazio in testa) con investimenti totali di 1.589.283 (58,9%) a fronte di 393.716 (14,6%) verso quello che l’Istat, con una suddivisione molto ampia, chiama il mezzogiorno d’Italia, che comprende (credo) Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e dove, in questa ulteriore distribuzione, la Campania la fa da padrone con il 6,5% a fronte di percentuali che variano per le restante regioni dal 4,o% (Sicilia) allo o,2%.
Secondo il recente studio annuale della Commissione Europea “The 2007 EU Industrial R&D Investment Scoreboard” gli investimenti delle industrie (solo delle industrie) europee in ricerca e sviluppo sono cresciuti del 7,4 per cento nel biennio 2006/2007 (2,1 punti percentuali in più rispetto al 5,3 registrato lo scorso anno) mentre la crescita mondiale degli investimenti industriali in R&S è stata del 10%, le imprese non europee hanno infatti investito in media una quota pari all’11,1% del loro prodotto.
Oltre ad essere ben lontani dagli altri paesi europei (la Germania è al 2,5%, la Francia al 2,2%) in Italia (1,4%) siamo anche distanti dagli obiettivi della strategia di Lisbona, che prevede un investimento pari al 3% del prodotto interno lordo.
Secondo questo studio le quattro aziende che hanno investito di più al mondo sono americane: la Pfizer (5,8 miliardi di euro nel 2007), la Ford (5,5 miliardi di euro), la Johnson & Johnson e la Microsoft (5,4 miliardi di dollari ciascuno).
Il primato europeo va alla tedesca Daimler Chrysler, quinta nella classifica mondiale con 5,2 miliardi di euro di investimenti nello stesso periodo. Nella classifica delle 1.000 industrie innovatrici realizzata dalla Commissione Ue, l’Italia occupa 48 posizioni, solo 4 delle quali tra i primi 100, Finmeccanica è prima tra le italiane al 17imo posto con 1,86 miliardi di euro, Fiat al 25imo con 1,18 miliardi, Eni all’83imo con 222 milioni e Pirelli al 96imo con 171 milioni.
Le cifre rendono molto meglio di qualsiasi ragionamento il divario esistente.[dati Rapporto Annuale sull’Innovazione]

venerdì, ottobre 26, 2007

E' morto Pietro Scoppola un uomo che ha dato molto al paese.
Mi fa particolarmente piacere ricordare che con Pietro abbiamo fondato nel 1995 l'Associazione "per una cultura di governo" insieme ad altri colleghi (Marcello De Cecco, Tullio De Mauro, Nicolò Lipari, Gianni Orlandi, Natale Papola, Stefano Rodotà, Pietro Scoppola, Giovanni Battista Sgritta, Eugenio Sonnino, Luigi Spaventa, Elio Ziparo)

domenica, ottobre 14, 2007

Riporto l'articolo sulle vicende della Sapienza che mi è stato pubblicato sul Corriere della Sera del 9 ottobre 2007.

09-OTT-2007
CORRIERE DELLA SERA
cronaca di Roma, pag. 1
Direttore: Paolo Mieli

Ateneo, inchieste, rilancio
SULL'ONORE DELLA SAPIENZA
di GIANNI ORLANDI


Alla Sapienza, sono in corso inchieste della magistratura. E' inevitabile un senso di preoccupazione e di malessere in chi ci studia e in chi ci lavora con impegno e senso di appartenenza. Certamente pervade anche tanti cittadini che hanno sempre guardato con rispetto e orgoglio a questa istituzione culturale di prestigio internazionale.
Niente da dire in ordine al giudizio sui fatti, che spetta soltanto agli organi competenti. Qualcosa da auspicare sul come debba agire in questa circostanza l'ateneo. Un principio dovrebbe fungere da guida: onorare l'istituzione universitaria come sede di costruzione e trasmissione della conoscenza, ma anche come luogo di avanzato civismo, vera e propria scuola dei valori di etica civile. Spetta, quindi, a chi governa La Sapienza aprire le porte a chi sta indagando. facilitare il loro compito, mettendo a disposizione ogni documentazione possa rivelarsi utile, favorire in ogni modo l'accertamento, nei tempi più rapidi possibili, della verità e, qualora ci fossero, delle eventuali responsabilità. Ma per tornare a sognare la nostra università come tempio laico dei saperi e della democrazia, serve qualcosa di più. Un'impennata di orgoglio della più grande università d'Europa, un sussulto delle tante energie positive che la popolano per perseguire tre obiettivi: 1) rendere trasparenti procedure e decisioni di spesa, specialmente nel momento in cui si sta avviando un rilevante progetto di acquisizione di arre e costruzione di nuove sedi con una significativa massa di appalti; 2) far trionfare il merito rifuggendo con puntigliosità da ogni fenomeno di famigliopoli nel reclutamento dei giovani; 3) puntare con determinazione ad innestare un impegno straordinario e diffuso per far crescere la qualità nella didattica, nella ricerca, nella gestione.
Queste vicende spiacevoli possono diventare l'occasione per il rilancio della Sapienza. Perché diventi capofila nella necessaria operazione di sviluppo e di recupero di competitività del sistema universitario e di ricerca del Paese. Perché concorra a costruire nella città, e specie nei giovani, la cultura della legalità e il senso delle istituzioni. Perché restituisca alla nozione stessa di istituzione universitaria pubblica la valenza di sede alta di sapienza, dove si guarda ai valori e al futuro, dove si forgiano coscienze e conoscenze per una classe dirigente all'altezza delle sfide della società globale e in grado di innestare quel profondo processo di rinnovamento di cui hanno bisogno il nostro sistema politico, la nostra democrazia e la nostra società.