venerdì, marzo 27, 2009

Condivido e sottoscrivo completamente quanto riportato da Alfonso Fuggetta, Amministratore Delegato del Cefriel, nel suo blog a proposito della proposta di legge su NEUTRALITA’ DELLE RETI, FREE SOFTWARE E SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE dei senatori del Partito Democratico, Vincenzo Vita e Luigi Vimercati.

Che succede al toro quando vede rosso?
Mar 27th, 2009 by Alfonso Fuggetta
Di solito si imbizzarrisce e perde il controllo. Leggo ora il pezzo della legge di Vita e Vimercati sulla neutralità della rete. E scopro che, non si capisce peraltro a che titolo, viene inserito anche il seguente articolo sul software open source:
1. In conformità con il principio di neutralità tecnologica, le amministrazioni pubbliche sostengono ed utilizzano soluzioni basate su software libero anche al fine di contenere e razionalizzare la spesa pubblica, favorire la possibilità di riuso e l’interoperabilità dei componenti facendo uso di protocolli e formati aperti, adottano soluzioni informatiche basate su protocolli e formati aperti di generale accettazione;2. Lo Stato promuove l’interoperabilità tra le banche dati delle amministrazioni pubbliche.3. Le amministrazioni pubbliche, nella scelta dei programmi per elaboratore elettronico, indicano i motivi che impediscono l’adozione di soluzioni basate su software libero.4. Le amministrazioni pubbliche, nelle procedure ad evidenza pubblica, promuovono l’utilizzo di software libero e di formati aperti e possono prevedere l’assegnazione di punteggi aggiuntivi nei bandi di gara.
Ho voglia a sprecare fiato da anni a questa parte per dire “non scriviamo sciocchezze”. Ho voglia a parlare del cultural divide. Niente da fare. Quando si parla di open source è come sventolare un panno rosso davanti ad un toro: l’unica risposta è la carica a testa bassa.
Dunque, si comincia con un ossimoro: siccome siamo per la neutralità tecnologica, favoriamo i prodotti open source (?!?!?!?!?!?!?).
Poi si parla di favorire il riuso e l’interoperabilità facendo uso di protocolli e formati aperti. E che diavolo c’entra il riuso del software? E le altre cose sui formati aperti non erano già state dette e ridette? Quindi a che serve?
“2. Lo stato promuove l’interoperabilità”. E c’era bisogno di fare una nuova legge per ridirlo?
Il 3. è la solita fisima che non vuol dire niente. È la solita zeppa per dare adito a paure e ricorsi infiniti visto che detto così si lascia all’arbitrarietà di chi interpreta decidere se “i motivi” sono sufficienti o no.
Ma la chicca è questa finale dei punti in più! Quanti? Quando? Per quale motivo?
Secondo me così si da l’avvio a contenziosi infiniti.
Ovviamente “in conformità al principio di neutralità tecnologica”.
Sono cose scritte per far contenti alcuni elettori, ma certo da un punto di vista amministrativo e pratico aumentano solo la confusione che, di suo, già regna sovrana.

giovedì, marzo 19, 2009

Il mio articolo sul Parco tematico su Roma antica

di GIANNI ORLANDI
Corriere della Sera del 19 marzo 2009

domenica, marzo 01, 2009

Il mio articolo

di GIANNI ORLANDI
Corriere della Sera del 1 marzo 2009


Ho fatto un sogno. Di nuovo in lotta gli studenti dell’università La Sapienza. Lezioni bloccate, slogan, cartelli, cortei nella città universitaria, non contro, però, i provvedimenti taglia-risorse del Ministro dell’università. La protesta era per la perdita dei migliori professori, chiamati dal Presidente della regione al governo del Lazio in un rimpasto che voleva imprimere uno scatto di qualità all’ultimo anno di consiliatura. Una task force di cervelli e competenze per dare una svolta, impegnarsi sulle priorità cruciali per lo sviluppo della regione a fronte della crisi galoppante e del crescente disagio sociale: rilancio economico fondato sulla ricerca e l’innovazione, sostegno all’occupazione, ambiente, sanità e infrastrutture. Una scelta forte, di rottura con le logiche più tristi della politica, che aveva innescato un circolo virtuoso. Cittadini che tornavano ad aver voglia di partecipare, governi locali che aprivano una dura, ma positiva competizione per la qualità, partiti di maggioranza e di opposizione che si confrontavano aspramente, ma esclusivamente sul merito dei problemi. Un processo inarrestabile, che raggiungeva il governo nazionale, indotto a depauperare l’università e i luoghi della conoscenza per assicurare al paese politiche di qualità, punto di riferimento per la comunità europea e internazionale, impegnata a fronteggiare la crisi più feroce degli ultimi decenni. E tutto era cominciato dalla nostra città e dalla nostra regione. Il risveglio è stato drammatico. Avevo solo sognato, dopo aver letto la notizia della protesta degli studenti dell’università di Harvard per la perdita dei loro migliori professori, chiamati dal Presidente Obama nei posti chiave dell’amministrazione americana. Ma la speranza è rimasta. Forse è proprio la gravità della crisi che può indurre Roma e il Lazio a farsi capofila di un cambiamento tanto radicale, quanto indispensabile, che spazzi via ogni pratica deteriore della politica, per riaffermarla come nobile arte di ricerca esclusiva dell’interesse generale. Perché no, attraverso lo stimolo e l’utilizzo delle competenze e le conoscenze che vivono, si alimentano e si riproducono nell’università.

Da leggere

di Ilvo Diamanti
La Repubblica del 1 marzo 2009