lunedì, luglio 21, 2008

Lettera alle Colleghe e ai Colleghi della Sapienza sulla mia idea di Rettorato


Care Colleghe e cari Colleghi,

in questi giorni stanno crescendo la discussione, la riflessione e le proposte sugli obiettivi programmatici e sul percorso per giungere all’elezione del Rettore. Credo che, come me, molti colleghi ne siano soddisfatti. Dobbiamo, però, sapere che non è mai abbastanza l’attenzione della comunità accademica alla condizione di straordinaria difficoltà in cui versa la Sapienza e l’intero sistema universitario e di ricerca del paese.

Desidero portare il mio contributo in questa direzione, nella convinzione che la consapevolezza critica costituisce il passaggio essenziale per preparare un governo efficace per la Sapienza.

Un governo che sappia segnare un netto cambio di passo, che percepisca lucidamente la necessità storica e non disattendibile di un forte rilancio di qualità, che sia in grado di determinare in tempi brevi discontinuità rispetto alla situazione attuale. Pur in presenza di apporti importanti e generosi, non si è riusciti, infatti, a dare una svolta sostanziale nella soluzione di problemi cruciali per la nostra università (atenei federati, edilizia, risanamento del bilancio, sostegno alla ricerca, etc. ), in modo da porre la Sapienza in condizione di affrontare al meglio la complessa fase che si è aperta per l’università e la ricerca italiane. Un governo capace di scegliere e dare priorità alle questioni essenziali, come qualità della Sapienza, sistema federato compiuto e ridefinizione dei poteri del Rettore nella logica di una nuova governance non più accentrata, ma di unitarietà e decentramento, risanamento finanziario con meccanismi virtuosi di gestione della spesa e valorizzazione degli investimenti nella ricerca. Un governo in grado di realizzare gli obiettivi in tempi rapidi, concretizzare il cambiamento e gestire con efficienza. Un governo veramente partecipato e inclusivo che valorizzi tutti gli apporti, le competenze, il merito.

Negli ultimi quattro anni, che ho vissuto lontano dal governo della Sapienza, ho ritenuto doveroso il rispetto istituzionale, nella convinzione che la comunità accademica non può essere trasformata in una piazza politica, dove vive la dialettica maggioranza/opposizione. Sarebbe la fine dello spirito stesso di comunità accademica che, invece, deve trionfare al di sopra di posizioni e disagi individuali. Questo periodo di silenzio gestionale, mi ha regalato, però, l’opportunità di maturare con sguardo libero obiettivi e prospettive e, più in generale, la mia idea di Rettorato della Sapienza per il suo futuro.

Mi conforta che questa idea trovi consensi tra molti colleghi e che abbia trovato ampia condivisione anche nei rappresentanti dell'Ateneo federato delle Scienze umanistiche giuridiche ed economiche, dell’Ateneo federato delle Scienze umane, Arti e Ambiente, dell’Ateneo federato dello Spazio e della Società, che ho avuto modo di incontrare in questi ultimi giorni, e con i quali ho potuto verificare una sostanziale convergenza programmatica e di prospettive. Fatto che mi spinge a proseguire su questa linea con ancora maggior decisione e a lavorare per arricchirla con le idee, le aspettative e le speranze dei colleghi.

Auspico che ciò interpreti e sia condiviso sempre più largamente dall’intera comunità accademica e che diventi la connotazione dell’intera campagna elettorale per il Rettore, sapendo che, comunque, prima di tutto e al di là di tutto, essa deve svilupparsi come competizione positiva, diretta all’interesse generale della Sapienza. Per primo desidero e offro la mia piena collaborazione a questo fine.

Un caro saluto.

Roma, 21 luglio 2008

Gianni Orlandi

lunedì, luglio 14, 2008

Ennesima classifica delle università italiane sul Sole 24 Ore del 14 luglio 2008 vede La Sapienza in posizione arretrata
Sul Sole 24 Ore del 14 luglio 2008 è uscita l’ennesima classifica delle università italiane. Anche questa volta la Sapienza è lontana dalle prime posizioni, al 50esimo posto. Ai primi posti ci sono università più piccole e i due Politecnici del nord. Il Politecnico di Milano conquista la prima posizione.
Certamente, occorre analizzare meglio e mettere a punto gli indicatori per una valutazione più complessiva e puntuale degli atenei del paese. Tuttavia, se le numerose valutazioni pubbliche e private, ufficiali e non, pongono costantemente la Sapienza in posizioni arretrate, significa che qualche problema c’è.
E i problemi sono molti. Ce ne accorgiamo quotidianamente: lavorare e studiare nella nostra università diventa sempre più difficile. Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza Sapienza.
Non è più possibile continuare con politiche minimali che puntano a piccoli aggiustamenti e non determinano un cambiamento generale di rotta.
Occorre una forte discontinuità che sia in grado di ridare energie e prospettive alla Sapienza, di valorizzare qualità e merito in essa largamente presenti, di rendere la sua dimensione e la sua multidisciplinarietà una risorsa e non un ostacolo e una causa di immobilismo.
Gli Atenei Federati possono essere uno strumento cruciale. Occorre, però, puntare decisamente e subito su di essi dotandoli di una autonomia gestionale e finanziaria forte. In questo modo è possibile ridisegnare l’assetto della nostra università, ormai non più governabile in forma accentrata, ridefinendo le funzioni centrali e gli stessi poteri del Rettore nella logica di una nuova governance di unitarietà e decentramento.
Si può coniugare, così, positivamente la snellezza e la dinamicità degli Atenei Federati con la complessità e l’interdisciplinarietà del sistema Sapienza.
Gli Atenei Federati, di dimensioni più governabili, possono consentire una gestione più efficiente, una maggiore funzionalità delle strutture e, quindi, la possibilità di incrementare la competitività nazionale e internazionale della ricerca e raggiungere più alti livelli nella didattica. Certamente sarà necessario procedere contestualmente ad aggiustamenti rispetto alla composizione culturale delle diverse aggregazioni, in modo da esaltare le sinergie scientifiche.
La Sapienza centrale, liberata da funzioni non più gestibili a livello accentrato e che finiscono per appesantirla, può recuperare un ruolo autorevole nel paese e nel sistema universitario nazionale, diventando riferimento per una politica di rilancio del sistema università e ricerca.

mercoledì, luglio 09, 2008

Lettera con cui ho comunicato la mia candidatura alla carica di Rettore alle Colleghe e ai Colleghi della Sapienza

Care Colleghe e cari Colleghi,
mi candido nelle elezioni del Rettore. Una decisione meditata e anche sofferta che ho assunto definitivamente in queste ultimissime ore.
La mia scelta è maturata per le sollecitazioni di molti colleghe e colleghi nelle quali ho sentito l’intelligenza critica accompagnata dalla passione per la nostra università. I due più preziosi punti di forza, che so essere diffusi in tanti docenti e in tanto personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, socio-sanitario, e che rappresentano la più importante risorsa e la vera garanzia per una prospettiva di rilancio della Sapienza. Senza di essi non vi sarebbe possibilità di un futuro autorevole e prestigioso per la nostra università e senza di essi perderebbe senso qualsiasi candidatura a Rettore che guardi in alto e pensi in grande.
Ora, la vera e propria emergenza Sapienza, che vive nel contesto di sofferenza dell’intero sistema universitario e di ricerca del paese, ci chiede di tradurre intelligenza critica e passione in qualità di governo ed efficienza di gestione, in capacità di pensare scenari di medio e lungo termine e di livello nazionale e internazionale, mentre si dà risposta ai singoli e specifici problemi della vita quotidiana di studio e di lavoro.
A questo è chiamato il Rettore, che deve essere sollecitatore e facilitatore dell’impegno di tutti i componenti della comunità accademica e, al tempo stesso, autorevole rappresentante della storia e del prestigio della Sapienza nei contesti accademici e istituzionali, locali, nazionali e internazionali.
Questa consapevolezza nasce dall’attenta osservazione della difficile fase che stiamo attraversando, con un carico di problemi anche strutturali irrisolti, che rendono sempre più arduo lavorare e studiare nell’università, ai quali si aggiungono nuovi ostacoli, a partire dai tagli di risorse per il sistema universitario e di ricerca. Ma nasce anche dalla mia storia personale che mi ha consentito di vivere sia l’esperienza di partecipare ai diversi livelli di governo della Sapienza, fino a quello del pro rettorato, che quella recente di esserne assolutamente estraneo. Un connubio di vicino e lontano che regala uno sguardo ricco di una visione strategica, arricchita dallo spessore di chi conosce perché vive i disagi, le problematiche, le aspettative, le delusioni giornaliere di ciascun lavoratore della nostra università. Uno sguardo che ritengo un patrimonio pregiato e irrinunciabile, forse indispensabile, per assicurare alla Sapienza un Rettore che segni il cambiamento.
E noi possiamo realizzare il cambiamento.
Sarà necessario, però, concentrarsi sulle questioni prioritarie, che torno a rievocare:
- puntare sulla qualità della Sapienza, costruendo le condizioni per valorizzare le competenze ed eccellenze dei docenti e del personale tecnico amministrativo in modo da assicurare alti livelli nella formazione, competitività nazionale e internazionale della ricerca, efficienza della gestione e funzionalità delle strutture;
- realizzare la Sapienza come sistema federato compiuto, basato su una piena autonomia economica e gestionale degli Atenei, che ridisegni l’assetto della nostra università, ormai non più governabile in forma accentrata, fino alla ridefinizione dei poteri del Rettore nella logica di una nuova governance di unitarietà e decentramento;
- assicurare il risanamento finanziario attraverso meccanismi virtuosi di gestione della spesa a partire dalla valorizzazione degli investimenti nella ricerca e attraverso la determinazione di meccanismi nazionali di finanziamento basati sulla qualità e il merito, per i quali la Sapienza può essere riferimento.
Gli obiettivi sono ambiziosi e non semplici, ma segnano la svolta che possiamo imprimere al futuro della Sapienza e all’intero sistema universitario e di ricerca, per ricostruirlo come luogo principe di formazione e trasmissione della conoscenza e come riferimento culturale per le grandi scelte strategiche del paese. Per essi sento ancora una volta la possibilità di sognare e la spinta e la volontà di realizzare i sogni impegnandomi insieme alle Colleghe e ai Colleghi, che spero partecipino sempre più numerosi e sempre più attivamente al governo della Sapienza.
Un caro saluto.
Roma, 8 luglio 2008

Gianni Orlandi

lunedì, luglio 07, 2008

Quale il futuro di Roma e del paese. Il commercio o l'investimento in ricerca e innovazione. Su questo tema è stato pubblicato un mio articolo sul Corriere della Sera del 7 luglio 2008


Il commercio e le anime della città

di Gianni Orlandi

 

Qualche giorno fa a Roma è stato aperto un altro centro commerciale, Euroma2, enorme, con 230 negozi, 20 ristoranti e 4000 posti auto. Si afferma così anche nella nostra città la tendenza, iniziata negli Usa molti anni fa, di realizzare vere e proprie cittadelle dello shopping, ove il cittadino è celebrato come consumatore, al quale, in ambienti sempre più confortevoli e lussuosi, viene offerta, come metafora della crescita illimitata e del benessere,  la possibilità di comprare ogni tipo di merce, ma anche di passeggiare, incontrarsi, condividere le esperienze, fruire di intrattenimenti. Il luogo del consumo, insomma, agito come luogo collettivo di impiego del proprio tempo, di articolazione dei rapporti umani, di formazione di opinioni, orientamenti, valori, sostituto immeritato della piazza, spesso magnificamente vestita di arte, che ha costituito storicamente il centro pulsante della civis. Il dubbio è obbligato. Siamo certi che tutto ciò funzioni, con prospettive durevoli di sviluppo? Che la società della conoscenza debba erigere a proprio totem la sede della massima espressione del piacere voluttuoso, quanto improvvido e iniquo dello spendere?

Con il nuovo centro commerciale si creano 2000 nuovi posti di lavoro, preziosi per i giovani romani e per l'economia del territorio. Siamo certi che ai giovani romani debbano essere offerte crescenti opportunità di occupazione come commessi o magazzinieri e sempre meno come ingegneri, fisici, biologi, nonostante a Roma vi sia la massima produzione di laureati, il 13% dell’intero paese? Non è difficile giungere alle conclusioni che delineano il circolo vizioso di una realtà locale sempre meno in grado di offrire prospettive ai talenti, di attirarne di nuovi, in una spirale di declino rispetto agli unici fattori vincenti  per il futuro, ricerca, innovazione, tecnologia, creatività. Spetta agli amministratori pubblici adempiere alla propria funzione di governo orientando le direttrici di crescita del nostro territorio e operando le necessarie scelte di priorità negli incentivi e negli investimenti pubblici, nella politica industriale.

venerdì, luglio 04, 2008

E' interessante vedere come il Politecnico di Milano ha deciso di avviare il processo di valutazione della sua capacità e della sua produzione di ricerca.
Il sole 24ore nòva del 3 luglio 2008

Di seguito si può vedere il processo di valutazione adottato

martedì, luglio 01, 2008

Trasformazione delle università in fondazioni

Lettera di Gianni Orlandi alle Colleghe e ai Colleghi della Sapienza



Care Colleghe e cari Colleghi,

siamo venuti a conoscenza in queste ore del testo definitivo del Decreto Legge n. 112 del 25 giugno 2008, varato dal Governo, che prevede all’art.16 la “Facoltà di trasformazione in fondazioni delle università”.

Il provvedimento drammatizza lo stato di sofferenza del sistema universitario, al quale facevo riferimento qualche giorno fa parlando del contesto nel quale vive l’emergenza Sapienza con il suo carico di problemi e urgenze di soluzioni.

I rischi sono di portata storica. Viene prefigurato l’abbandono del carattere pubblico del  nostro sistema universitario, mentre, nel contempo, viene prevista una significativa riduzione del FFO.

La manovra ha il segno inequivocabile di una riduzione dell’impegno pubblico nell’università e nella ricerca. Ciò avviene in una fase nella quale al contrario occorrerebbe potenziarlo al massimo, anche sotto il profilo dell’investimento di risorse, per ricostruire una prospettiva di sviluppo al paese che, nella società della conoscenza, è fondata sui talenti e sulle competenze, sulla qualità del sistema di istruzione e di ricerca. Formazione, università e ricerca dovrebbero al contrario diventare priorità del sistema di welfare del nostro paese.

In Italia si investe sempre meno in ricerca rispetto agli altri paesi, investe poco il pubblico e investe pochissimo il privato. I dati denunciano che il mito della privatizzazione dell’università è essenzialmente ideologico senza fondamenti concreti, come d’altronde appare suggerito dalla logica che le fondazioni universitarie solo per il fatto di essere private, dovrebbero funzionare secondo merito, qualità ed efficienza.

Né, d’altro canto, può o deve essere importata nel sistema universitario la logica della competitività di impresa. La scienza non è il mercato e il suo avanzamento richiede scambio, dialettica e cooperazione nella comunità scientifica. Ciò non deve essere ignorato immaginando una competitività tra gli Atenei per il reperimento delle risorse che sia qualcosa di diverso da una competizione positiva e costruttiva che punti al progressivo miglioramento della qualità dell’intera sistema universitario e di ricerca.

Le prospettive che si aprono per il personale universitario sono altrettanto allarmanti.  Grave incertezza per il personale tecnico amministrativo che sembra destinato ad abbandonare il contratto  di pubblico impiego per una regolamentazione ignota, che potrebbe persino prefigurare una drastica riduzione del peso della contrattazione collettiva nazionale verso trattamenti differenziati nel territorio e, in genere, penalizzanti per le aree  più deboli del paese.  Né è possibile escludere un futuro incerto anche per il personale docente che intanto, già oggi, vede peggiorata la condizione retributiva con un allungamento degli scatti da due a tre anni.

Da ultimo, il possibile trasferimento del patrimonio edilizio alle fondazioni universitarie private desta ulteriori preoccupazioni. Si apre la porta alla possibile vendita di immobili, alcuni di grandissimo pregio artistico e architettonico, che hanno costituito una garanzia per gli atenei e hanno rappresentato parte significativa della loro storia e della loro immagine.

Può venire dalla Sapienza, la più grande università italiana, una forte spinta di mobilitazione per  tutelare e valorizzare il carattere pubblico del nostro sistema universitario?

E’ necessario l’impegno di tutti per costruire proposte efficaci di iniziativa. Porterò queste tematiche anche all’interno dei dibattiti per l’elezione del nuovo Rettore per costruire attenzione e sensibilità e per scongiurare il rischio che si ripresentino oggi proposte di trasformare La Sapienza in fondazione universitaria privata, come era stato adombrato da qualche candidato nella passata tornata elettorale.

Un caro saluto.

Roma, 30 giugno 2008                                                                               

Gianni Orlandi