giovedì, dicembre 11, 2008

lunedì, novembre 17, 2008

E' interessante osservare i dati relativi ai finanziamenti ordinari erogati alle università nel 2007 confrontati con i finanziamenti ritenuti adeguati dalla commissione del ministero in base alla qualità dell'ateneo

domenica, novembre 16, 2008

giovedì, novembre 13, 2008

Grande
Tolleranza Zoro, IX puntata
Linee Guida del Governo per l’Università



Autonomia, responsabilità, merito
L’Europa, attraverso la strategia di Lisbona, ha posto il traguardo di una società basata sulla conoscenza. L’Italia ha come principale risorsa il suo capitale umano. Il Governo sin dalle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio
ha indicato come obiettivi strategici per il Paese l’equilibrio di bilancio, l’implementazione dell’Agenda di Lisbona, il recupero del gap di competitività nei confronti dei principali partners europei. Queste linee guida per l’università sono la proposta aperta per realizzare la strategia di governo della legislatura.

L’università e la ricerca sono una ricchezza fondamentale per l’Italia. Per tornare ad essere uno strumento davvero efficace di crescita e di promozione sociale e personale in un Paese avanzato, l’università deve cogliere con coraggio la richiesta di rinnovarsi, rendersi trasparente nella condotta e nei risultati, dimostrare con la forza dei fatti di saper progettare un futuro ambizioso.

Miglioramento del sistemaLe difficoltà della congiuntura economica impongono uno sforzo per raggiungere in tempi rapidi l’equilibrio di bilancio, ma questo sforzo rappresenta anche una sfida a migliorare un sistema che accanto a punti di forza innegabili presenta molti aspetti di criticità. In questo momento è chiaro che la strada per conquistare eventuali maggiori risorse passa obbligatoriamente attraverso riforme coraggiose e profonde, che sappiamo impostare su basi più adeguate lo sviluppo culturale del nostro Paese e rafforzarne la competitività internazionale.

Gestione responsabileLa gestione responsabile e la sostenibilità economica sono infatti condizioni essenziali dell’autonomia di cui le università giustamente godono. Bisogna prima di tutto spendere bene le risorse disponibili e per questo dobbiamo promuovere insieme una collaborazione virtuosa tra Ministero ed atenei, fondata su una limpida distinzione di compiti: il primo deve accreditare, valutare, incentivare e soprattutto garantire il rispetto degli standard qualitativi; i secondi devono assicurare alla comunità nazionale e internazionale, in riferimento a parametri qualitativi ed economici concordati e verificati, educazione di qualità, ricerca di alto livello, gestione efficiente delle risorse, contributo efficace allo sviluppo culturale, economico e tecnologico del Paese.

MeritocraziaAutonomia e responsabilità, quindi, ma anche, soprattutto, il merito come criterio costante di scelta: nell’allocazione delle risorse, nella valutazione dei corsi e delle sedi, nella scelta e nella remunerazione dei docenti, nella promozione della ricerca. Esistono certamente punti di forza indubbia nelle nostre università, ma stiamo perdendo terreno rispetto ad altri Paesi. Le classifiche internazionali, che pure non sono esenti da difetti, presentano anno dopo anno un quadro per noi sconfortante: l’Italia conquista risultati di rilievo grazie ad istituzioni quali la Scuola Normale Superiore di Pisa e la SISSA di Trieste, ma nessuna delle nostre università generaliste si colloca in posizioni accettabili. Il contrasto tra questi due dati indica che possiamo, e quindi dobbiamo sforzarci di competere ai massimi livelli. L’obiettivo deve quindi essere quello di migliorare il posizionamento complessivo dei nostri atenei e creare allo stesso tempo maggiori opportunità perché i migliori sviluppino a fondo il loro potenziale competitivo.

Sfida nazionaleIl Governo si impegna a dare al Paese un’università più libera, più moderna, più forte e chiede al Parlamento, ai protagonisti dell’università, al mondo del lavoro e delle imprese di prendere parte ad una sfida nazionale per proiettare il nostro sistema universitario verso i migliori standard internazionali.


Lo studente al centro dell’università
L’investimento più importante che il Paese può fare è quello sul capitale umano, sui giovani che ne rappresentano il futuro e per questo gli studenti, le loro esigenze e le loro aspirazioni, vanno rimessi al centro della nostra missione. L’università è stata in tempi non remoti uno strumento straordinario di mobilità sociale: perché torni ad esserlo dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla qualità dell’offerta e dei servizi.
Corsi di laurea dequalificati danneggiano soprattutto gli studenti che provengono da situazioni meno privilegiate, perché offrono un surrogato spesso inutile di una vera e propria educazione universitaria.
Abbandono degli studiIl numero troppo alto di abbandoni di studenti iscritti ma inattivi, di non frequentanti, è indice di una patologia grave, troppo spesso accettata come inevitabile: il 20% degli studenti lascia dopo il primo anno e solo il 50% degli immatricolati completa gli studi conseguendo il titolo. Non meno ingiustificato è il fatto che la laurea triennale sia spesso considerata solo una prima tappa incompleta e la gran parte dei laureati senta di doversi iscrivere immediatamente alla laurea magistrale.
Dobbiamo essere certi che le università immettano nel mondo del lavoro una nuova leva di laureati triennali ben preparati ed è quindi indispensabile da parte degli atenei una maggiore consapevolezza della propria missione e delle proprie responsabilità, così come è necessario sviluppare sia nel settore pubblico che in quello privato una migliore conoscenza e un maggiore apprezzamento delle lauree triennali. Le nuove norme previste dal DM 270 offrono l’occasione di riformulare secondo criteri più rigorosi l’offerta formativa: il Governo intende accelerare l’applicazione dei requisiti previsti e correggere alcuni aspetti che si prestano ad un miglioramento.
Atto di indirizzoSi impone, in generale, una revisione dei meccanismi di spesa volto a potenziare il finanziamento della domanda di educazione rispetto a quello dell’offerta: il diritto allo studio non si realizza infatti con la moltiplicazione di microsedi sotto casa, ma mettendo gli studenti in grado di perseguire le loro aspirazioni tramite borse di studio, prestiti d’onore, residenze, servizi. Il decreto legge appena varato aumenta in modo cospicuo gli investimenti in questa direzione, ma è necessaria una stretta collaborazione con gli Enti locali e altri soggetti istituzionali, quali ad esempio le Fondazioni bancarie, per concentrare gli sforzi su un nuovo modello di accesso alla formazione universitaria.


L’offerta formativa
Il miglioramento dell’offerta formativa e il risanamento del sistema sono strettamente connessi, perché diseconomie e mancanza di progetti ben definiti incidono negativamente su entrambi. A una laurea triennale solida, seria e a spettro ragionevolmente ampio si devono affiancare una laurea magistrale di effettiva specializzazione e un dottorato di ricerca di livello pari alle migliori esperienze internazionali.
Queste le azioni prioritarie:
A.1 razionalizzare e ridurre gli insegnamenti, 120.000 nel 2002-03, ma ora 180.000, affidati per il 40% a docenti esterni (spesso giovani sottopagati);
A.2 razionalizzare i corsi di studio, proliferati in modo abnorme anche in assenza di credibili motivazioni scientifiche. In 8 anni si è passati da circa 2.500 corsi di laurea e di diploma ad oltre 5.500 corsi di primo e secondo livello, spesso ulteriormente divisi in curricula.Il Governo auspica che le università procedano ad una netta riduzione da subito, anche prima che siano emanati i necessari provvedimenti ministeriali;
A.3 rafforzare la laurea magistrale che non deve essere complemento quasi obbligato alla triennale, ma percorso formativo specialistico da intraprendere anche in fasi diverse della crescita professionale ed umana;
A.4 combattere la dispersione degli studenti, soprattutto dopo il primo anno: sono troppo numerosi gli iscritti che non si laureano e vanno quindi rafforzate le azioni di orientamento degli studenti nel delicato passaggio tra scuola superiore ed università. È inoltre essenziale dare impulso alla formazione integrativa per offrire più ampia libertà di scelta agli studenti;
A.5 incentivare i corsi di laurea e in particolare di laurea specialistica con insegnamenti in lingua straniera, anche in partenariato con istituzioni estere, sia per attrarre studenti da altri Paesi, sia per preparare i nostri alle sfide del mondo globale;
A.6 modificare le procedure di accesso ai corsi a numero programmato per renderle più affidabili ed omogenee agli standard internazionali;
A.7 sperimentare nuovi modelli di percorsi di studio a ciclo unico in presenza di specifiche esigenze di carattere scientifico e didattico;
A.8 avviare, in linea con gli impegni assunti in sede europea, le procedure di accreditamento dei corsi e delle sedi sulla base della qualità e della sostenibilità;
A.9 analizzare e valutare le sedi decentrate degli atenei, oggi troppo numerose (oltre 300) e non sempre provviste dei necessari requisiti strutturali e qualitativi e verificare contestualmente la loro sostenibilità finanziaria;
A.10 proseguire e rafforzare le azioni intraprese per incentivare l’educazione tecnico-scientifica.


Il diritto allo studio
Vanno aggiornate le norme sul diritto allo studio, che devono essere rese più efficaci e aderenti ai bisogni degli studenti e va dato un forte impulso alla diffusione dei prestiti d’onore. Il diritto allo studio è facilitare l’accesso ad una università qualitativamente rigorosa, capace di fornire strumenti di crescita professionale e personale. Un elemento chiave di questa strategia consiste nel portare lo studente verso le sedi universitarie e non viceversa. L’Italia sconta un ritardo storico nella costruzione di alloggi per studenti, con poco più di 54.000 posti letto disponibili nel sistema a fronte di circa 660.000 studenti fuori sede.

B.1 rivedere le norme sul diritto allo studio per renderle più efficaci e aderenti ai bisogni degli studenti;
B.2 potenziare, in collaborazione con le Regioni, gli Enti locali, le Agenzie per il diritto allo studio e altri soggetti, pubblici e privati, le risorse destinate alla costruzione di residenze universitarie, al fine di incentivare la mobilità interna ed internazionale degli studenti;
B.3 rafforzare, in collaborazione con il sistema bancario, la disponibilità dei prestiti d’onore;
B.4 incrementare i corsi universitari in orario serale per far fronte alle esigenze degli studenti che lavorano, anche al fine di ridurre il fenomeno del fuori corso e dei non frequentanti;
B.5 favorire lo sviluppo della formazione continua lungo l’arco della vita, funzione indispensabile in un’economia avanzata e in rapida trasformazione.


Il merito e la valutazione
QualitàL’allocazione delle risorse sulla base della qualità (della ricerca, dell’insegnamento e dei suoi risultati, dei servizi e delle strutture) è per il Governo il criterio fondante di un nuovo sistema universitario più libero e più responsabile, sia a livello centrale che nei singoli atenei. Già nel 2009 il 7% di tutti i fondi di finanziamento alle università sarà erogato su base valutativa e la percentuale è destinata a crescere rapidamente negli anni successivi per allinearci alla migliore prassi internazionale. L’obiettivo è infatti quello raggiungere entro la legislatura il 30%.
Le azioni prioritarie:
C.1 accelerare l’entrata in funzione dell’Agenzia della valutazione con piena trasparenza ed autonomia, a seguito delle modifiche regolamentari necessarie per renderla più efficiente ed incisiva;
C.2 predisporre, sulla base dell’esperienza già acquisita dal CIVR, un modello di valutazione delle strutture di ricerca, universitarie e non, che prenda in considerazione l’attività scientifica di ogni dipartimento nel suo insieme e consenta quindi un’allocazione delle risorse su base qualitativa dipartimento per dipartimento;
C.3 attribuire da subito ai risultati della valutazione della ricerca un peso significativo nell’attribuzione delle risorse e nell’allocazione delle borse di dottorato e di nuovi posti da ricercatore;
C.4 assicurare al CIVR e al CNVSU le risorse necessarie per proseguire la loro attività in attesa dell’entrata in funzione dell’Agenzia e, specificamente, consentire al CIVR di avviare il secondo esercizio di Valutazione triennale della ricerca e concluderlo entro il 2009.


Il reclutamento e lo stato giuridico dei docenti
I docenti sono il cuore e la mente dell’università. Purtroppo negli anni alcune esigenze corporative sono state anteposte a quelle degli studenti e dei giovani studiosi, con risultati che, paradossalmente, hanno fatto aumentare i costi della docenza e allo stesso tempo escluso molti giovani meritevoli dal mondo della ricerca. Nel 1998, prima della riforma dei concorsi, professori e ricercatori di ruolo erano meno di 50.000, oggi sono oltre 62.000: un aumento complessivo del 24%, ma per gli ordinari addirittura del 46%, a fronte di una crescita del 7% della popolazione studentesca. Gli ordinari sono più degli associati e poco meno dei ricercatori e l’età media di ingresso in tutti e tre i ruoli è troppo alta (più di 50 anni per gli ordinari, di 44 per gli associati, di 36 per i ricercatori): si tratta di una situazione abnorme e insostenibile.
Turnover
Percentuale di crescita dei docentiIl Governo ritiene indispensabile rompere il circolo vizioso in cui spesso si creano nuovi corsi per creare nuovi posti. La stretta sul turnover è in questo senso una misura di emergenza necessaria, soprattutto alla luce del fatto che saranno espletati nei prossimi mesi concorsi per l’attribuzione di oltre 3.700 idoneità da associato ed ordinario. Come prima misura urgente il Governo ha rimodulato il turnover per favorire al massimo il ricambio generazionale tramite l’assunzione di un numero elevato di giovani ricercatori e ha rivisto in via transitoria le regole per il reclutamento di docenti e ricercatori al fine di modificare un sistema criticato da ogni parte. E’ peraltro urgente una riforma organica dei meccanismi di reclutamento e dello stato giuridico basata sul riconoscimento del merito e allineata con la prassi internazionale. Il meccanismo delle idoneità multiple si è rivelato negli anni fonte di deresponsabilizzazione e va quindi eliminato. In questa materia così delicata il Governo auspica un’ampia condivisione di obiettivi e di metodo con tutte le forze parlamentari.
Le azioni prioritarie:
D.1 riflettere sull’assetto complessivo della carriera accademica, con particolare riferimento al ruolo d’ingresso e alle diverse caratterizzazioni che esso può assumere;
D.2 elaborare parametri condivisi di qualificazione scientifica per l’accesso ai diversi ruoli della docenza, anche con l’utilizzo, ove possibile, di indicatori di qualità scientifica internazionalmente riconosciuti (impact factor; citation index): il CUN è già al lavoro in questo senso;
D.3 incentivare la mobilità degli studiosi tra l’Italia e l’estero e tra le varie università italiane, prevedendo anche, se necessario, che l’avvio della carriera accademica debba svolgersi in una sede diversa da quella in cui si sono compiuti gli studi;
D.4 incentivare l’internazionalizzazione del corpo docente, condizione indispensabile per introdurre più innovazione nei nostri atenei ed attrarre studenti dall’estero; specificamente, incentivare fortemente gli atenei che assumono giovani ricercatori che hanno conseguito il dottorato in altri atenei italiani o esteri.
D.5 dare priorità ad un nuovo meccanismo di reclutamento dei giovani ricercatori ispirato ai principi della Carta europea dei ricercatori e basato sulla valutazione del merito. La modifica già proposta in via transitoria dal Governo assicura da subito un maggior coinvolgimento della comunità scientifica nazionale ed elimina, allineandosi alla prassi internazionale, le prove d’esame;
D.6 ripensare il ruolo dei ricercatori universitari, il cui stato giuridico non è allineato alla funzione che la gran parte di essi effettivamente svolge nelle università;
D.7 riformare i meccanismi di selezione dei professori associati ed ordinari assicurando che entrambi avvengano sulla base del merito e nel rispetto di parametri di riferimento condivisi;
D.8 studiare la possibilità di prevedere modalità sperimentali di reclutamento più aderenti alle esigenze di delle Scuole a statuto speciale o di altre istituzioni con caratteristiche simili;
D.9 rivedere il meccanismo degli automatismi stipendiali, che non necessariamente premia la qualità della ricerca e l’impegno nella didattica, sostituendolo gradualmente con valutazioni periodiche dell’attività svolta;
D.10 ridefinire e ridurre in tempi rapidi i settori scientifico-disciplinari, oggi troppo numerosi e frammentati, fonte di rigidità del sistema universitario e disincentivo alla ricerca interdisciplinare e innovativa;


Il dottorato di ricerca
Nel contesto di un approccio rinnovato alla docenza e al reclutamento assume un’importanza particolare un ripensamento del dottorato di ricerca e del post-dottorato. È importante che il valore scientifico del dottorato sia alto e internazionalmente riconosciuto come tale. Il dottorato costituisce infatti il grado più alto di specializzazione offerto dall’università, sia per chi intende dedicarsi alla ricerca, sia per chi desidera entrare nel mondo produttivo dotato di credenziali scientifiche di particolare peso. La situazione attuale presenta alcune evidenti criticità. I corsi di dottorato sono oltre 2.200, con una media di appena 5,6 iscritti per corso: si tratta di una frammentazione davvero eccessiva, che non consente di creare quella comunità di giovani studiosi impegnati in uno specifico ambito di ricerca che costituisce la vera forza dei dottorato.
Il dottorato deve inoltre acquisire una dimensione sempre più internazionale e favorire la mobilità dei giovani. Oggi meno del 5% dei dottorandi attivi in Italia proviene dall’estero. E’ necessario intervenire su questo fronte e recepire prontamente le indicazioni che ci provengono dall’Europa in vista della creazione di una European Research Area volta a facilitare la libera circolazione degli studiosi.
European Research AreaLe azioni prioritarie:
E.1 razionalizzare e riorganizzare i dottorati di ricerca, sia attraverso la riduzione del numero dei corsi attivato, sia attraverso il rafforzamento di scuole dottorali di ateneo dotate di massa critica, adeguate strutture per la ricerca e elevati livelli di qualità e produttività scientifica;
E.2 collegare l’attivazione dei corsi di dottorato a precisi ed elevati requisiti, relativi sia alla qualità e alle dimensioni delle strutture e delle attrezzature di ricerca, sia alla qualità della ricerca prodotta, come valutata dal CIVR;
E.3 predisporre nuove modalità di ammissione allineate con la prassi internazionale;
E.4 ripensare la struttura e la durata del dottorato, che dovrebbe essere vincolata al raggiungimento di verificabili risultati scientifici;
E.5 incentivare la dimensione internazionale dei programmi di dottorato nella struttura, nelle procedure di ammissione, nella direzione delle tesi e nella valutazione dei risultati;
E.6 aumentare la quota di insegnamento strutturato all’interno dei programmi di dottorato;
E.7 promuovere la residenzialità dei dottorandi, anche al fine di incentivare la possibilità per i laureati di un ateneo di iscriversi al dottorato in una sede diversa da quella in cui hanno compiuto gli studi, condizione essenziale questa per favorire la circolazione delle idee e degli studiosi;
E.8
Stanziato un fondo di 50 milioni di euro per il 2009facilitare lo sviluppo di progetti di ricerca di altissima qualità, selezionati secondo i più avanzati standard internazionali, da parte di giovani studiosi che abbiano conseguito il dottorato. A tal fine il Ministero ha già stanziato per il 2009 un fondo di 50 milioni di euro.


La governance
I tempi sono maturi per una modifica delle forme di governo degli atenei che rafforzi autonomia, democrazia e bilanciamento dei poteri, responsabilità chiare, valutazione dei risultati ed efficacia gestionale. L’attuale sistema, sedimentatosi in tempi molto diversi dagli attuali, implica evidenti difficoltà sia di indirizzo che di gestione e controllo.
Modelli organizzativi e istituzionaliÈ anche opportuno riflettere sui modelli organizzativi e istituzionali adatti a un sistema universitario maturo e complesso, che include università di antichissima e recentissima istituzione, grandi e piccole, specialistiche e generalistiche, e in cui anche le università non statali dovranno garantire un’alta qualità del servizio formativo erogato e della ricerca scientifica in esse effettuata, secondo gli standard che verranno fissati dall’organo nazionale di valutazione.
All’interno di un quadro di riferimento comune ogni ateneo dovrebbe riflettere liberamente su quale assetto sia più rispondente alla sua identità e ai suoi progetti.
Le azioni prioritarie:
F.1 richiedere agli atenei di adottare entro sei mesi un codice etico che individui tra l’altro in modo puntuale i casi di incompatibilità e di conflitto di interesse;
F.2 completare la messa a punto delle norme che consentono alle università, a seguito di autonoma deliberazione, di assumere la forma giuridica di fondazioni, prevedendo in ogni caso che resti regolata per legge ai livelli attuali la contribuzione degli studenti, e che sia in ogni caso garantito e sviluppato un solido sistema di sostegno finanziario tramite borse di studio e altre forme di supporto;
F.3 sviluppare negli atenei la cultura della accountability verso l’esterno, incentrata sulla comunicazione trasparente dei risultati ottenuti nelle attività di ricerca, di formazione e di trasferimento tecnologico e dei finanziamenti esterni acquisiti; sulla riflessione sui costi, sulla sostenibilità di medio-lungo periodo delle iniziative, sul valore patrimoniale degli atenei e sulle reali situazioni debitorie e creditore. Sono necessarie, tra l’altro, la rapida messa a punto di schemi contabili omogenei e la certificazione dei bilancii.
F.4 distinguere in modo netto tra le funzioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, riservando al primo il compito di rappresentare le istanze scientifiche e accademiche, al secondo quello di definire le linee di indirizzo per la pianificazione strategica dell’ateneo nel suo complesso e di assicurare una corretta e prudente gestione ispirata agli interessi generali, che devono quindi in esso prevalere;
F.5 eliminare la duplicazione di organi spesso pletorici e snellire i processi decisionali e, in particolare, integrare maggiormente la gestione della didattica e della ricerca attraverso processi di riorganizzazione dell’articolazione interna all’ateneo. L’attuale ripartizione di compiti tra Facoltà, Dipartimenti e Corsi di Laurea è causa di inefficienza e confusione;
F.6 ridefinire il ruolo del rettore, creando le condizioni affinché questi possa realmente assumere la piena responsabilità delle sue decisioni (chiaramente delineate nel programma elettorale) e porre in atto la difficile sintesi tra esigenze interne ed esterne spesso contrastanti, incanalandole in una strategia generale per l’eccellenza della ricerca, la qualità della didattica e l’innovazione amministrativa;
F.7 limitare a non più di due mandati e comunque un massimo di 6 e 8 anni rispettivamente, la permanenza in carica di presidi e rettori e prevedere che anche per questi ultimi il mandato non possa estendersi oltre la data di collocamento a riposo;
F.8 rafforzare la leadership istituzionale attraverso specifiche attività di formazione dei docenti interessati ad assumere incarichi direttivi;
F.9 rafforzare la funzione gestionale delle università, ponendo attenzione alla professionalizzazione di coloro cui competono responsabilità finanziarie, tecniche ed amministrative;
F.10 favorire i processi di aggregazione e riorganizzazione federale degli atenei su base regionale o macroregionale per offrire agli studenti un’educazione di qualità, evitare duplicazioni inutili di corsi, favorire la collaborazione nella ricerca e nella condivisione dei servizi.


Il valore legale del titolo di studio
Il Governo ritiene indispensabile affrontare il tema del valore legale del titolo di studio. Si tratta infatti di un istituto le cui ragion d’essere, oggi, sembrano ad alcuni superate da una realtà in cui conta soprattutto poter fornire agli studenti, alle famiglie, ai datori di lavoro, dati certi sulla qualità dei corsi e delle strutture. La prospettiva, l’accreditamento, deve quindi farsi carico di garantire il valore sostanziale dei titoli rilasciati dagli atenei, superando una concezione formalistica che è anche causa non ultima di alcune degenerazioni del sistema.


La responsabilità finanziaria
Necessità di riformeLa preoccupazione, più che comprensibile, legata al tema delle risorse, non deve distogliere dalla necessità di elaborare riforme in profondità. Negli ultimi dieci anni l’università ha vissuto una crescita tumultuosa e, quali che fossero le intenzioni di partenza, il risultato è un sistema che assorbe per gli stipendi quasi tutte le risorse che lo Stato gli affida ogni anno. Un cambiamento di rotta è urgente.
Le azioni prioritarie:
G.1 incentivare l’adozione della contabilità economico-patrimoniale. Questa è infatti uno strumento conoscitivo essenziale per gli atenei, i loro interlocutori esterni e il Ministero e consente l’individuazione di costi standard correlati al raggiungimento di precisi parametri qualitativi;
G.2 ridurre gradualmente l’incidenza della spesa per il personale al fine di liberare le risorse necessarie per le missioni fondamentali delle università;
G.3 rendere più restrittivo il vincolo da indebitamento;
G.4 non consentire la messa a bando di nuovi posti agli atenei che hanno superato il limite di legge nel rapporto tra assegni fissi e FFO;
G.5 aggiornare l’attuale modello di finanziamento per assegnare un peso maggiore alla qualità della didattica e della ricerca, accertate con la valutazione;
G.6 imporre agli atenei con bilanci in deficit, o che non rispettano gli attuali vincoli di legge, un piano concreto e rapido di rientro nella norma e predisporne il commissariamento in caso di inadempienza;
G.7 rivedere il rapporto tra le facoltà mediche, gli atenei e il sistema sanitario, al fine di raggiungere un equilibrio tra funzioni e costi.

Sfida del programma
Queste linee guida, insieme alle altre proposte che emergeranno dal confronto parlamentare e dalla discussione pubblica, saranno tradotte in disegni di legge, nella convinzione che le istituzioni della Repubblica sapranno essere al servizio del Paese e del suo futuro.

martedì, novembre 11, 2008

DECRETO-LEGGE 10 novembre 2008, n. 180
Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualita' del sistema universitario e della ricerca.

(GU n. 263 del 10-11-2008 )

testo in vigore dal: 10-11-2008
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la necessita' ed urgenza di dettare norme che dispongono
una distribuzione delle risorse stanziate per l'anno 2008 per la
qualita' del sistema universitario, tenendo conto dei risultati dei
processi formativi e delle attivita' di ricerca scientifica, nonche'
della efficacia ed efficienza delle sedi didattiche;
Ritenuta la necessita' ed urgenza di disciplinare, in attesa del
riordino organico dei criteri di reclutamento dei professori
universitari, le procedure relative ai concorsi di imminente
espletamento, secondo criteri di trasparenza, imparzialita' e di
valorizzazione del merito;
Ritenuta la necessita' ed urgenza di assicurare immediate risorse
aggiuntive per garantire l'esercizio del diritto allo studio, in
attuazione dell'articolo 34 della Costituzione;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 6 novembre 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del
Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
E m a n a
il seguente decreto-legge:
Art. 1.
Disposizioni per il reclutamento nelle universita' e per gli enti di
ricerca
1. Le universita' statali che, alla data del 31 dicembre di
ciascuno anno, hanno superato il limite di cui all'articolo 51,
comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, fermo restando quanto
previsto dall'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 21 dicembre
2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio
2008, n. 31, non possono procedere all'indizione di procedure
concorsuali e di valutazione comparativa, ne' all'assunzione di
personale.
2. Le universita' di cui al comma 1, sono escluse dalla
ripartizione dei fondi relativi agli anni 2008 - 2009, di cui
all'articolo 1, comma 650, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
3. Il primo periodo del comma 13, dell'articolo 66 del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e' sostituito dai seguenti: «Per
il triennio 2009-2011, le universita' statali, fermi restando i
limiti di cui all'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre
2004, n. 311, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di
personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa
pari al cinquanta per cento di quella relativa al personale a tempo
indeterminato complessivamente cessato dal servizio nell'anno
precedente. Ciascuna universita' destina tale somma per una quota non
inferiore al 60 per cento all'assunzione di ricercatori a tempo
determinato e indeterminato e per una quota non superiore al 10 per
cento all'assunzione di professori ordinari. Sono fatte salve le
assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all'articolo 1,
comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle
risorse residue previste dal predetto articolo 1, comma 650.».
Conseguentemente, l'autorizzazione legislativa di cui all'articolo
5, comma 1, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537,
concernente il fondo per il finanziamento ordinario delle
universita', e' integrata di euro 24 milioni per l'anno 2009, di euro
71 milioni per l'anno 2010, di euro 118 milioni per l'anno 2011 ed
euro 141 milioni a decorrere dall'anno 2012.
4. Per le procedure di valutazione comparativa per il reclutamento
dei professori universitari di I e II fascia della prima e della
seconda sessione 2008, le commissioni giudicatrici sono composte da
un professore ordinario nominato dalla facolta' che ha richiesto il
bando e da quattro professori ordinari sorteggiati in una lista di
commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti al settore
scientifico-disciplinare oggetto del bando, in numero triplo rispetto
al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione.
L'elettorato attivo e' costituito dai professori ordinari e
straordinari appartenenti al settore oggetto del bando. Sono esclusi
dal sorteggio relativo a ciascuna commissione i professori che
appartengono all'universita' che ha richiesto il bando. Ove il
settore sia costituito da un numero di professori ordinari pari o
inferiore al necessario, la lista e' costituita da tutti gli
appartenenti al settore ed e' eventualmente integrata mediante
elezione, fino a concorrenza del numero necessario, da appartenenti a
settori affini. Il sorteggio e' effettuato in modo da assicurare, ove
possibile, che almeno due dei commissari sorteggiati appartengano al
settore disciplinare oggetto del bando. Ciascun commissario puo', ove
possibile, partecipare, per ogni fascia e settore, ad una sola
commissione per ciascuna sessione.
5. In attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei
ricercatori universitari e comunque fino al 31 dicembre 2009, le
commissioni per la valutazione comparativa dei candidati di cui
all'articolo 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210, e all'articolo 1,
comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230, sono composte da un
professore ordinario o da un professore associato nominato dalla
facolta' che ha richiesto il bando e da due professori ordinari
sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori
ordinari appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando, in
numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente
necessari nella sessione. L'elettorato attivo e' costituito dai
professori ordinari e straordinari appartenenti al settore oggetto
del bando. Sono esclusi dal sorteggio relativo a ciascuna commissione
i professori che appartengono all'universita' che ha richiesto il
bando. Il sorteggio e' effettuato in modo da assicurare ove possibile
che almeno uno dei commissari sorteggiati appartenga al settore
disciplinare oggetto del bando. Si applicano in quanto compatibili le
disposizioni di cui al comma 4.
6. In relazione a quanto disposto dai commi 4 e 5, le modalita' di
svolgimento delle elezioni, ivi comprese ove necessario le
suppletive, e del sorteggio sono stabilite con apposito decreto del
Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca avente
natura non regolamentare da adottare entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto. Si applicano in quanto
compatibili con il presente decreto le disposizioni di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117.
7. Nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento
dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in
vigore del presente decreto, la valutazione comparativa e' effettuata
sulla base dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati, ivi
compresa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti
anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del
Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, avente
natura non regolamentare, da adottare entro 30 giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sentito il Consiglio
universitario nazionale.
8. Le disposizioni di cui al comma 5, si applicano, altresi', alle
procedure di valutazione comparativa indette prima della data di
entrata in vigore del presente decreto, per le quali non si sono
ancora svolte, alla medesima data, le votazioni per la costituzione
delle commissioni. Fermo restando quanto disposto al primo periodo,
le eventuali disposizioni dei bandi gia' emanati, incompatibili con
il presente decreto, si intendono prive di effetto. Sono, altresi',
privi di effetto le procedure gia' avviate per la costituzione delle
commissioni di cui ai commi 4 e 5 e gli atti adottati non conformi
alle disposizioni del presente decreto.
9. All'articolo 74, comma 1, lettera c), del decreto-legge
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge
6 agosto 2008, n. 133, dopo le parole: «personale non dirigenziale»
sono inserite le seguenti: «, ad esclusione di quelle degli enti di
ricerca,».

domenica, novembre 02, 2008

Segnalo l'articolo "Tre proposte per l'università"
sul sito La Voce del 31 ottobre 2008

TRE PROPOSTE PER L'UNIVERSITA'

di Tullio Jappelli 31.10.2008

Nel confronto internazionale l'Italia è in forte ritardo perché premia poco l'investimento in capitale umano, nel mercato del lavoro, nella scuola e nell'università. I tagli previsti dalla Finanziaria aggravano il problema. Merito degli studenti aver riportato la questione della quantità e qualità degli investimenti per l'istruzione all'attenzione dell'opinione pubblica. Per formulare risposte concrete è utile partire dall'esperienza europea del VII programma quadro e da quella nazionale del Civr. Ma anche le singole sedi devono dotarsi di strumenti per premiare il merito.

Le ricerche condotte dai migliori economisti internazionali indicano che la scarsa crescita in Europa è in buona parte da attribuire alla quantità e qualità della spesa in istruzione e ricerca, vale a dire alla bassa crescita delcapitale umano(1) L’importanza dell’investimento in ricerca è tanto maggiore quanto più il paese è vicino alla frontiera tecnologica. Anche se la dimensione del problema è europea, in Italia si presenta in modo particolarmente grave, sia sotto il profilo della bassa crescita economica, sia sotto quello del ritardo nel livello e nella crescita del capitale umano. I tagli alla ricerca e all’università previsti dalla Finanziaria aggravano il problema, senza indicare allo stesso tempo una prospettiva per il paese.

IL PROBLEMA

Nel confronto internazionale l’Italia è in forte ritardo perché premia poco l’investimento in capitale umano, nel mercato del lavoro, nella scuola e nell’università. Per valorizzare il capitale umano occorre premiare ilmerito, cioè stimolarlo con incentivi, sia monetari sia non economici. Il legame tra incentivi e risultati è particolarmente rilevante nel contesto del capitale umano, che non può essere accumulato prescindendo dal coinvolgimento delle persone fisiche e, diversamente dal capitale fisico, non può essere solo il frutto della scelta di un possibile decisore pubblico. La qualità delle proposte per l’università va quindi misurata sulla base della capacità di valorizzare il capitale umano.
Attualmente l’università italiana non promuove il merito. I fondi per la ricerca e l’alta formazione sono modesti. La percentuale di docenti e studenti stranieri è trascurabile. La mobilità tra sedi è scarsa, perfino a livello di reclutamento dei dottorandi. I programmi di ricerca esistenti non hanno consentito ai gruppi di ricerca più dinamici di emergere e affermarsi a livello internazionale. Spesso le gerarchie accademiche non corrispondono a situazioni di merito, ma al perpetuarsi di posizioni di privilegio. Ciò che colpisce negativamente è che, oltre alla scarsa internazionalizzazione del nostro sistema di ricerca - cioè uno scarso afflusso di ricercatori dall’estero, in particolare nella fase post-doc - l’investimento pubblico su giovani portatori di idee innovative è limitatissimo, sia per quanto riguarda le retribuzioni, sia per quanto riguarda l’assegnazione di fondi sotto la loro diretta responsabilità. Il taglio dei fondi indiscriminato e il blocco del turn-over previsto dalla legge 133 non affrontano nessuno di questi problemi.
Il merito degli studenti e delle proteste di queste settimane è avere riportato il problema della quantità e qualità degli investimenti per l’istruzione all’attenzione dell’opinione pubblica. La reazione del governo alle proteste è miope, immaginando che il solo taglio delle risorse sia in grado di generare maggiore efficienza. Invece accade l’esatto contrario: genera sfiducia tra coloro che nell’università lavorano, e indifferenza tra coloro che la usano per altri scopi e che ne saranno toccati solo marginalmente. Senza rendersi conto che gli impegni di spesa già presi e la mancanza cronica di fondi sono ottimi argomenti per chi non vuole cambiare nulla. 
Al di là di vasti programmi e annunci di riforme future, per formulare risposte concretamente praticabili occorre ripristinare i fondi tagliati e distribuirli sulla base delle esperienze già acquisite, quella europea del VII programma quadro e quella nazionale del nostro Comitato di valutazione della ricerca. Ma occorre anche costringere le singole sedi a dotarsi di strumenti per premiare il merito.

LA DIMENSIONE EUROPEA: IL CONSIGLIO EUROPEO DELLE RICERCHE

L’istituzione del Consiglio europeo delle ricerche (Erc) ha creato le condizioni per intervenire nell’area più sensibile del sistema, e cioè premiare i giovani ricercatori responsabili di progetti di ricerca innovativi. Oggi, Erc finanzia solo pochi progetti per ciascuna area disciplinare, e quindi di per sé non avrà un grande impatto sulla ricerca europea. Rappresenta però un’occasione straordinaria per tutti i paesi dell’Unione. Una parte delle risorse pubbliche potrebbe essere utilizzata per finanziare i progetti dei ricercatori esclusi dalle graduatorie europee, ma valutati positivamente dai panel di area. Quei progetti offrono la possibilità di finanziare per cinque anni scienziati di qualsiasi nazionalità, già presenti in Italia o provenienti dall'estero, siano essi o meno nei ruoli delle università nazionali. Se ogni anno il ministero assegnasse 150 milioni di euro a tale programma, stimando un costo medio annuo di 150mila euro per ciascun progetto, sarebbe possibile finanziare ogni anno mille progetti di qualità. Finanziare i migliori giovani ricercatori e indirettamente gli atenei che li ospitano instaurerebbe anche un fondamentale principio di concorrenza tra le sedi.

LA DIMENSIONE NAZIONALE: IL COMITATO DI VALUTAZIONE DELLA RICERCA

L’esercizio del Civr relativo al 2001-03 è stato il tentativo più serio di valutare in modo sistematico la ricerca pubblica in Italia. Ma è caduto nel vuoto ed è stato considerato al più un elemento conoscitivo del sistema piuttosto che lo strumento principale per attribuire nuove risorse. Non solo a livello centrale non sono scaturiti segni di discontinuità con le modalità di assegnazione dei fondi, ma nemmeno le sedi locali hanno utilizzato quelle valutazioni per attribuire risorse in modo premiale, o lo hanno fatto in modo trascurabile. I tempi operativi della nuova agenzia di valutazione saranno lunghi, perdendo tempo prezioso. Invece, già nel 2009 il ministero dell’Istruzione potrebbe ripartire una quota consistente del fondo di finanziamento ordinario e dei fondi per il dottorato di ricerca sulla base dei punteggi assegnati dal Civr. Lo stesso Civr dovrebbe essere prontamente messo in grado di funzionare e valutare la ricerca del triennio più recente, in modo da condizionare l’erogazione dei fondi nel 2010.

LA DIMENSIONE NAZIONALE E LE RESPONSABILITÀ DEGLI ATENEI

Per accedere ai finanziamenti per la ricerca, ciascun ateneo dovrebbe annunciare un proprio credibile piano di ricerca, indicando quali iniziative intende prendere per promuovere il merito e migliorare la qualità della ricerca, come intende utilizzare le valutazioni del Civr, con quali criteri intende ripartire i fondi tra le aree di ricerca e all’interno delle singole aree, come concentrare le risorse per i dottorati nelle aree di ricerca più promettenti.

(1) Acemoglu, Aghion, Zilibotti, Distance to frontier, selection and economic growth, Journal of the European Economic Association, 2006.

Segnalo l'articolo sui conti in rosso delle università

di Antonio Castaldo
sul Corriere della Sera del 2 novembre 2008

FOCUS I COSTI DELL’ISTRUZIONE

Università, i conti in rosso

Gli atenei indebitati con le banche sono 41. Il 90% delle entrate speso per il personale

GRAFICO

I finanziamenti alle università e il personale

Le spese e i debiti

Sempre più indebitate e con la prospettiva di avere sempre meno soldi per far fronte agli impegni presi. Sono le università italiane alle soglie di una stagione di sacrifici. A partire dal 2010 la legge 133 ridurrà di 1.500 milioni i finanziamenti che tengono in vita la didattica nelle aule accademiche. E se i soldi diminuiscono, crescono i debiti. Da una ricerca del Miur è emerso che le esposizioni bancarie degli atenei aumentano costantemente, con alcuni picchi preoccupanti.

Ci sono università indebitate fino ad un quinto dei fondi ricevuti dal governo, e difficilmente potranno far fronte agli impegni presi con il drastico ridimensionamento dei trasferimenti statali previsto per i prossimi anni.

Gli ultimi stanziamenti ammontano a 7.119 milioni di euro, l’1,5 per cento in più rispetto all’anno precedente, e in futuro, per la prima volta da quando c’è l'autonomia, il trend di crescita sarà negativo. Nel 2009 il fondo conterrà 63 milioni in meno, ma il calo nel 2010 toccherà quota 661 milioni, ovvero più del 10 per cento in meno.

I tagli hanno scatenato la protesta degli atenei, eppure su un punto governo e rettori sono d’accordo: bisogna intervenire per evitare il tracollo. «Corriamo il rischio di non poter pagare neppure le retribuzioni del personale», ha spiegato la Crui, la conferenza dei rettori.

Proprio questo è il cuore del problema. Secondo le ultime stime, le spese per gli stipendi di docenti e dipendenti tecnici o amministrativi pesano per 6,3 miliardi di euro, ovvero l’89 per cento del fondo di funzionamento ordinario (Ffo) stanziato dallo Stato. L’anno scorso erano all’85,1. Il governo, con in testa il ministro Mariastella Gelmini, intende ridurre i costi, e contrattacca su sprechi e bilanci prossimi al dissesto di alcuni atenei: «Dobbiamo dotarci di un sistema efficace per evitare che risorse distribuite a pioggia vengano dilapidate». Il ministro ha ricordato che in Italia sono attivi 5.500 corsi di laurea, 37 dei quali attivi con un solo studente, 327 facoltà che non superano i 15 iscritti, 320 sedi distaccate per 94 atenei (troppi per il ministro). «Eppure — ha aggiunto — produciamo meno laureati del Cile e non c’è un solo ateneo italiano tra i primi 150 al mondo».

I rettori confutano parte di questi dati, ma anche per il mondo accademico è necessaria una riforma: «Un’autocritica è necessaria — ammette Enrico Decleva, presidente Crui — e siamo consapevoli che si debbano spendere meglio le risorse. Ma per quanto sia possibile ridurre e tagliare, come si fa a lavorare ritrovandosi da un anno all’altro con 700 milioni in meno?».

Sul crinale del dialogo si muove anche il gruppo Aquis, composto dai tredici rettori degli atenei «virtuosi», quelli cioè con i conti in regola, pronti a «spendere meglio le risorse di cui dispongono a patto che il governo abbandoni la politica della mannaia ».

«Bisogna lavorare sui costi del personale», propone Gilberto Muraro, docente di Scienze delle Finanze a Padova, che durante il governo Prodi guidava una commissione istituita proprio per risanare le finanze delle università: «La legge fissa un tetto: chi spende oltre il 90 per cento dei fondi di funzionamento per stipendi e costi fissi incorre in sanzioni. Cominciamo a rispettarlo». Nel 2007 sono state, conti «puri» alla mano, 26 le università fuorilegge da questo punto vista. Che si riducono a sei (Napoli L’Orientale, Pisa, Firenze, Trieste, Cassino e Bari) grazie alla «correzione» prevista dalla legge 31 del 2008.

Come se non bastassero le spese di gestione, ci sono anche le banche con cui fare i conti. Secondo i datiMiur, le università indebitate sono 41. E in qualche caso è già scattato il campanello d’allarme. Ad esempio per L’Orientale di Napoli, ateneo da 10 mila studenti, che ha acquistato una nuova sede da 30 milioni di euro rilevando dall’Italgrani un enorme palazzo al centro della città. Qui l’esposizione è pari al 21,7 per cento dei fondi di funzionamento incassati nel 2006.

Siena, dove è stato recentemente scoperta una voragine nei conti, è invece oberata da debiti per 93 milioni di euro. E non se la passano meglio a Firenze, dove per pagare le rate dei mutui, e contemporaneamente far quadrare i bilanci in disavanzo per oltre 22 milioni, hanno messo in vendita i gioielli di famiglia: le storiche ville Favard e Montalve.

Ma non solo chi ha difficoltà di cassa ricorre al credito. Anche il «virtuoso» Politecnico di Milano, uno degli atenei con il miglior rendimento economico (qui le spese del personale coprono solo il 66 per cento dei 191 milioni stanziati), ha contratto debiti per quasi il 10 per cento delle proprie entrate governative. «Abbiamo risorse e piani di rientro, ricorrere al credito non è sbagliato a prescindere », spiega il prorettore Giovanni Azzone. «Ma se il governo deciderà di ripartire i sacrifici imposti dalla legge Tremonti in modo generalizzato, ignorando chi ha saputo contenere le spese, anche noi ci troveremo in difficoltà», aggiunge.

Nella graduatoria degli indebitati figurano poi università come il Piemonte Orientale, le siciliane Messina e Palermo, e la Statale di Milano, il cui 7,65 per cento di indebitamento va però tarato sui 272 milioni incassati nel 2006.

Visto il clima infuocato, è difficile immaginare che il governo possa dare una mano con le rate in scadenza. «Le università si sono indebitate — spiega il sottosegretario Giuseppe Pizza — perché spendono più di quanto ricevono. Non è possibile accollare allo Stato errori di gestione o di progettualità».

Non resta che intaccare i patrimoni immobiliari. Per il futuro, però, gli esperti propongono l’introduzione di una norma che fissi dei limiti anche per le esposizioni bancarie degli atenei: «Sull’argomento manca una legge — conferma Muraro — ma va detto che alcuni atenei hanno sbagliato in buona fede. Forse prevedevano per il futuro che il governo continuasse ad aumentare i trasferimenti finanziari. E del resto chi poteva immaginare che invece di incrementare i già magri finanziamenti, il nuovo governo li avrebbe tagliati?».

Da leggere l'articolo 

Chiamatemi Barone

di Ilvo Diamanti

Bussole - Repubblica.it, 31 ottobre 2008

“Chiamatemi Barone. L’ho detto a mia moglie, ieri sera, dopo aver sentito ripetere questa definizione almeno una decina di volte, in tivù, nei salotti dove si discute delle sorti dell’umanità. Da Vespa e da Mentana. Da Floris e da Santoro. Ospiti: la variegata tribù di lotta e di governo, che si affolla intorno e dentro l’Università. Studenti pro e contro, manifestanti di sinistra e di destra, agitatori e agitati, rumoreggianti e silenziosi. Occupanti e occupati. Poi, filo-ministeriali e oppositori democratici. Infine, professori. Pardon: ‘baroni’. Perché ormai è dato per scontato: i professori universitari sono ‘baroni’. Tutti. Reclutati in base a criteri clientelari, attraverso concorsi-truffa, che a loro volta provvedono, puntualmente, a riprodurre. Reclutando, a loro volta, ricercatori e professori in base a logiche di fedeltà. Schiavi e servi della gleba, che, dopo secoli di precarietà, un contratto oggi, una borsa domani, un dottorato e un post-dottorato dopodomani, giungono, alla fine, stremati, all’auspicato posto fisso. Per fare i ricercatori fino a diventare professori. Naturalmente ‘per anzianità’ (così si dice). Senza rispetto per il merito e per la produzione scientifica, didattica e organizzativa. ‘Baroni’, appunto. I veri colpevoli del dissesto dell’Università italiana. Del degrado del sapere nazionale. Dell’ignoranza che regna fra i giovani. E, anzitutto, del disastro finanziario. Del deficit crescente di risorse. Provocato non tanto dai tagli di questo governo e da quelli precedenti, ma da loro (da noi): i baroni. Che prendono lo stipendio senza fare nulla. (Soggiogateli ai tornelli!). Incapaci di gestire le università. Colpevoli della moltiplicazione dei corsi e delle sedi, dovunque. Le università telematiche e quelle tascabili, fuori porta. Che promettono e permettono la conquista del titolo di dottore a tutti. Giornalisti, carabinieri, poliziotti, infermieri. Volontari e involontari. Perfino i politici. Beneficiati da un monte-crediti formativi tale da permettere loro di laurearsi in pochi mesi, con pochi esami. Dottori in Scienze della futilità. Questi ‘baroni’: fannulloni, perfidi e manovratori. Capaci di manipolare gli studenti. Di farli scendere in piazza insieme a loro, per loro, con loro. Invece che ‘contro’ di loro.

Tutti baroni. Tutti. Inutile eccepire … Inutile osservare che tu, io, lui, noi - alcuni, magari molti - lavoriamo e insegniamo in modo assiduo e regolare, facciamo ricerca, pubblichiamo libri e saggi, perfino su riviste internazionali (un’aggravante: dove troviamo il tempo per fare tutte queste cose? Per scrivere e per studiare? Partecipare a convegni in Italia e addirittura all’estero?). Per sostenere le nostre attività, cerchiamo - e qualche volta troviamo - finanziamenti. Non solo pubblici: perfino privati. Le eccezioni non contano. Sono conferme alla regola. Inutile osservare che se ci fosse un sistema di reclutamento e di valutazione universalista, criteri di finanziamento fondati su parametri ‘misurabili’ di qualità e quantità … Inutile. Perché tutto ciò non c’è. E se non c’è, inutile prendersela con il legislatore. La colpa è dei ‘baroni’. D’altronde, quanti baroni infiltrati in Parlamento e perfino nel governo… Insomma, è inutile entrare nel merito, precisare. Quando da ‘professori’ si diventa ‘baroni’ le distinzioni cessano di avere rilievo e significato. Suggerirle, evidenziarle: è perfino fastidioso. Perché possiamo differenziare i professori, i quali possono essere bravi, capaci, laboriosi, prestigiosi, oppure fancazzisti, ignoranti peggio degli studenti, arroganti, fannulloni nullafacenti e nullapensanti. Ma i ‘baroni’ no. Perché traducono fenomenicamente una categoria sostanziale: la ‘baronità’. Per cui i baroni sono i signori oscuri di una terra oscura. Avvolta nelle nebbie. Anche la semantica, d’altronde, condanna e stigmatizza la categoria. Ridotta a una variante della ‘casta’. Definizione usata, fino a qualche mese fa, per catalogare (e insultare) i politici. Ora, invece, lo stesso termine è applicato con analogo disprezzo, ai professori dell’università. La casta dei baroni. Titolari di privilegi ereditati ed ereditari. Dotati di un potere arbitrario. Un ceto ‘nobiliare’, appunto.

L’ho rammentato a mia moglie, come scrivevo all’inizio di questa ‘bussola’ un po’ scombussolata. Da oggi io sono un Barone. E lei, di conseguenza, una Baronessa. Intanto, i Baronetti - ignari di essere divenuti tali - se ne stavano nelle loro stanze, intenti a studiare.

Chissà che invidia il Presidente del Consiglio. Lui, con i suoi successi, riconosciuti da tutti: soltanto Cavaliere.”

Segnalo la mia intervista insieme a quella di Patrizio Bianchi, Rettore dell'Università di Ferrara, sui problemi dell'università sul Foglio del 31 ottobre del 2008

di Alessandra Migliozzi
Il Foglio del 31 ottobre 2008

domenica, ottobre 26, 2008

La Gelmini cominci a prendersela con questi

CORSI E DIPLOMI
Università: il business dei laureati precoci
Sono cresciuti in un anno del 57%. La metà negli atenei di Chieti e Siena
di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
Il Corriere della Sera del 26 ottobre 2008

lunedì, settembre 29, 2008

Per alleggerire il clima
E' un esempio di come la visualizzazione di informazioni complesse può servire a comprendere i fenomeni. Quante cose curiose verrebbero fuori applicando tali tecniche ai flussi di voto.
Dopo il primo voto
La lettera inviata insieme a Luigi Campanella dopo il primo voto
Care Colleghe e cari Colleghi,
prima di tutto grazie a tutti i colleghi che hanno sostenuto con il voto le nostre candidature e a tutti quelli che, comunque, hanno condiviso le nostre idee progettuali, a tutti coloro che hanno partecipato alle votazioni..
Siamo convinti che ora, alla vigilia della seconda votazione, sia giunto il momento di assicurare alla Sapienza rapidamente un Rettorato, eletto con il più largo consenso e il più possibile espressione delle diverse anime culturali e progettuali della nostra università.
Lo chiede la vera e propria emergenza Sapienza, che vive nel contesto di sofferenza dell’intero sistema universitario e di ricerca del paese. C’è l’urgenza di dare alla nostra comunità accademica un governo che disponga del massimo di qualità progettuale, di incisività operativa e di autorevolezza. Condizioni che possono essere assicurate soltanto attraverso la mobilitazione di tutte le intelligenze e di tutte le passioni della nostra comunità accademica in un impegno concorde nel perseguire l’interesse generale della Sapienza.
Le numerose candidature nella prima tornata di voto hanno certamente rappresentato un passaggio di utile competizione positiva per il futuro della Sapienza. In queste ultime ore abbiamo lavorato per proseguire questo percorso e farlo evolvere in un confronto che si catalizzasse tra due chiare e riconoscibili visioni programmatiche e, semmai, tra due differenti stili di governo – come è d’altronde in tutti i confronti elettorali nelle democrazie avanzate -.
Ciò, però, non è stato possibile. Né riteniamo opportuno per l’interesse generale della Sapienza e per la qualità del confronto elettorale, incamminarsi in un percorso di progressive aggregazioni su più candidature che, inevitabilmente, si configurerebbero soltanto come alleanze tattiche realizzate nell’intento di rappresentare numeri più consistenti di voti.
D’altronde, l’esito della prima votazione ha manifestato con chiarezza un orientamento prevalente, evidenziando attraverso le significative differenze dei risultati, le proprie indicazioni.
Riteniamo, quindi, di proseguire il percorso per l’elezione del Rettore, al di fuori della competizione elettorale diretta come candidati, ma con il nostro impegno, rinnovato e ancora più intenso, per la qualità e l’incisività delle proposte programmatiche del nuovo Rettorato. A partire dalla difesa e dalla valorizzazione del carattere pubblico della Sapienza, istituzione universitaria sempre più di pregio nel territorio, nel paese e a livello internazionale. Per concentrare l’azione su alcune questioni prioritarie necessarie ad imprimere alla Sapienza la svolta che serve: puntare sulla qualità della Sapienza; realizzare la Sapienza come sistema federato compiuto; assicurare il risanamento finanziario; restituire alle facoltà di medicina e alle strutture della sanità universitaria la valenza pregiata di risorsa per l’intera Sapienza; avviare una nuova stagione nella gestione che faciliti e accompagni questo processo di rinnovamento, con una guida amministrativa illuminata, dinamica, innovativa, alla Sapienza, ma anche al Policlinico Umberto I.
Un impegno che proseguirà con il nuovo Rettorato. Per rafforzare con il nostro apporto di competenza e di partecipazione la prospettiva strategica di una Sapienza di eccellenza, competitiva per qualità ed efficienza a livello nazionale e internazionale. Per aggiungere potenzialità e collegialità plurale al Rettorato che eleggeremo. Per garantire la valorizzazione delle idee, delle posizioni, della disponibilità dei tanti colleghi che hanno sostenuto le nostre candidature nel primo turno di voto, di tutti i colleghi di tutte le componenti della nostra comunità accademica.
Oggi, nell’emergenza Sapienza, amare la nostra università significa esserci, con le nostre proposte, la nostra creatività, la nostra capacità critica; significa sviluppare il nostro impegno, con il nuovo Rettorato, al di là di quanto lo percepiamo o meno un nostro risultato elettorale. Saranno proprio le nostre differenze, le molteplicità di idee a realizzare la visione illuminata che serve per governare la complessità della sfida che ci attende. Questo è vincere le elezioni. Per il Rettore che eleggeremo, per tutta la comunità accademica.
29 settembre 2008
Gianni Orlandi                  Luigi Campanella

lunedì, settembre 22, 2008

La mia risposta al contributo "La Sapienza delle donne?" di alcune Colleghe della Sapienza


Care Colleghe,

sono assolutamente convinto che la valorizzazione della ricerca, come percorso essenziale per puntare sulla qualità della Sapienza, debba prevedere uno specifico impegno dedicato agli gender studies.
Trovo quindi ottima l’ipotesi di dare vita nella Sapienza ad un vero e proprio Centro Studi, che consolidi e supporti le esperienze già in atto e realizzate e possa costituire riferimento culturale per l’azione dello stesso Comitato pari opportunità.
Penso, ad esempio, a come avrebbe rappresentato utile punto di riferimento anche per le stesse attività che ho potuto sviluppare in questi ultimi anni presso il mio Dipartimento di Scienza e tecnica dell’informazione e della Comunicazione, in particolare con due Laboratori che hanno vinto progetti finanziati dalla Regione Lazio: un Laboratorio per lo sviluppo di idee imprenditoriali innovative nel campo dell’ICT, che prevedeva l’inserimento con borse di studio di giovani ingeneri stagisti, per il quale abbiamo selezionato il 50% di ragazze, tre delle quali hanno poi dato vita ad uno spin off, forse tra i pochi high tech composto solo di donne ingegnere; il Laboratorio FormaOriemtaInnova che sta realizzando un Master in Tecniche per la Multimedialità, per il quale abbiamo selezionato ancora una volta il 50% di ragazze, 10 laureate su 20 partecipanti, e che sta sperimentando azioni di orientamento di genere tra le studentesse di ingegneria della Sapienza, dell’Università dell’Aquila, nell’Università Politecnica delle Marche. Piccoli esempi delle possibilità di azione e delle potenzialità che potrebbero crescere con una sede stabile come il Centro Studi.
Condivido l’ipotesi di creare una struttura che sia Centro di ricerca interdisciplinare sulle tematiche di genere, ma che svolga anche le funzione di Centro di servizio, finalizzato a facilitare l’espressione dello studio e della ricerca in materia, dalla costruzione di reti di rapporti e sinergie tra le diverse attività e le diverse competenze presenti nella Sapienza, dall’accesso ai finanziamenti, sia a livello regionale e nazionale, che a livello europeo e internazionale, dalla gestione di tutte le attività di amministrazione dei progetti, alla diffusione e pubblicizzazione dei risultati degli studi e delle ricerche, in modo da rappresentare un centro di diffusione di conoscenza e di attrazione di talenti e di giovani nel territorio e a livello nazionale e internazionale.
In tal senso, vedo con molto interesse la vostra proposta di proiettare l’attività del Centro di Servizio anche in direzione della progettazione di servizi alle donne: penso, ad esempio, all’empowerment progettato in stretto collegamento con la ricerca interdisciplinare, e, quindi con la possibilità di vederne tutte le implicazioni, da quelle più strettamente psicologiche, a quelle collegate ad una visione di genere del benessere, fino ai percorsi per la valorizzazione in campo professionale.
Ovviamente, un Centro di questo tipo, dovrebbe essere dotato di una sede fisica e virtuale e di tutti gli strumenti tecnici, organizzativi e finanziari per poter operare concretamente.
Con tutto ciò la Sapienza potrebbe dare un importante contributo anche alla rivisitazione e all’avanzamento delle politiche di mainstreaming, in modo da renderle sempre più adeguate a cogliere l’evoluzione delle problematiche di genere e le diverse problematiche delle donne, nella società globale.
Continuo a sognare così la Sapienza, come una istituzione culturale pubblica, sede di formazione e di trasmissione di conoscenza, agente di sviluppo e di progresso, per le donne e per gli uomini, per i giovani e per gli anziani, per i cittadini italiani e per gli immigrati che vivono nel nostro territorio.
Un caro saluto.
22 settembre 2008
Gianni Orlandi
Il mio appello al voto
Qualità, efficienza, partecipazione: i miei primi tre mesi di governo
Care Colleghe e cari Colleghi,
partecipiamo in massa al voto per l’elezione del Rettore, da martedì 23 alla mattina di venerdì 26 settembre. L’impegno di tutta la comunità accademica, docenti, personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, socio-sanitario, studenti, è il primo passo per eleggere il Rettore che governi la Sapienza nel segno della qualità.
In queste settimane, ho partecipato a numerosissime occasioni di incontro e di confronto con i colleghi, ho avuto moltissimi contatti e scambi di idee, anche individuali. Ho potuto riscontrare ampia condivisione delle mie proposte programmatiche e convinti sostegni alla mia candidatura. Ho potuto riscontrare che la mia idea di Rettorato ha fatto crescere e, in qualche caso, rinascere in molti colleghi la voglia di sognare e di combattere affinché la nostra università diventi il luogo di eccellenza, ove è facile studiare e lavorare, aperto, raggiungibile, efficiente, istituzione pubblica, che sia vanto della città e del paese, in tutti i contesti nazionali e internazionali.
Ho avuto modo di verificare un consenso diffuso soprattutto alla mia scelta netta per il cambiamento. Per imprimere un cambio di passo alla Sapienza, per compiere scelte di priorità chiare e nette, per affrontare con determinazione nodi irrisolti e disfunzioni, per abbandonare logiche di difesa o mantenimento dello status quo o dei piccoli aggiustamenti. Per avviare una nuova stagione nella gestione che faciliti e accompagni questo processo di rinnovamento, con una guida amministrativa illuminata, dinamica, innovativa, alla Sapienza, ma anche al Policlinico Umberto I.
Tutto ciò ha reso ancora più forte la mia convinzione che, insieme, possiamo realizzare questo futuro autorevole e prestigioso della Sapienza, protagonista nel rilancio del sistema universitario e di ricerca del paese. Con queste condizioni, infatti, possiamo vincere la sfida e allontanare il rischio di declino.
Ma il nostro sogno per la Sapienza richiede la concretezza di proposte precise e cadenzate nel tempo. Ho definito a questo scopo un programma operativo “Le azioni da realizzare entro i primi tre mesi di governo”, che vi allego, che identificano pochi e chiari obiettivi sui quali, da Rettore, intendo concentrare l’azione per realizzare rapidamente i primi risultati e aprire il nuovo anno 2009 con le condizioni necessarie per affrontare l’insieme delle problematiche della nostra università, anche di prospettiva di medio e lungo termine.
Per questi obiettivi, per questo progetto, per questo sogno, vi chiedo di votarmi e di farlo fin dalla prima votazione in modo da dare un segnale significativo che può concorrere a costruire le convergenze necessarie per vincere le elezioni e per governare bene la Sapienza
Insieme, noi possiamo farlo. Per noi che lavoriamo nella Sapienza, per gli studenti che oggi vi studiano, per l’università e la ricerca italiane, per la città, per il paese, per gli studenti che verranno.
Roma, 22 settembre 2008

Gianni Orlandi
email: gianni.orlandi@uniroma1.it
Cell.: 3488097609

Si vota il 23, 24 e 25 settembre 2008 dalle ore 8,00 alle ore 19,00 e il 26 settembre 2008 dalle ore 8.00 alle ore 12.00, in Aula Magna presso il Rettorato.

mercoledì, settembre 17, 2008

Le azioni dei miei primi tre mesi di governo da Rettore
Qualità, efficienza, partecipazione:
costruiamo insieme il futuro della Sapienza
di Gianni Orlandi


Le azioni da realizzare entro i primi tre mesi di governo.

Oggi serve, anzi è indispensabile, esercitare la capacità di identificare le questioni prioritarie, necessarie per imprimere una svolta di qualità e rimettere in gioco la Sapienza, ponendola in grado di affrontare al meglio la complessa fase che si è aperta per l’università e la ricerca italiane.
Puntare sulla qualità della Sapienza, costruendo strumenti e metodi per valorizzare, competenze ed eccellenze dei docenti e del personale tecnico amministrativo in modo da assicurare alti livelli nella formazione, competitività nazionale e internazionale della ricerca, efficienza della gestione e funzionalità delle strutture e dei servizi agli studenti.
Realizzare la Sapienza come sistema federato compiuto, basato su una piena autonomia economica e gestionale degli Atenei, che consenta la piena espressione dei distinti ruoli dei dipartimenti e delle facoltà e che ridisegni l’assetto della nostra università, ormai non più governabile in forma accentrata, fino alla ridefinizione dei poteri del Rettore nella logica di una nuova governance di unitarietà e decentramento.
Assicurare il risanamento finanziario attraverso meccanismi virtuosi di gestione della spesa, a partire dalla valorizzazione degli investimenti nella ricerca, attraverso la gestione federata delle risorse, a partire dal bilancio per il 2009, e attraverso la determinazione di meccanismi nazionali di finanziamento basati sulla qualità e il merito, per i quali la Sapienza può essere riferimento.
Restituire alle Facoltà di Medicina e alle strutture della sanità universitaria la valenza pregiata di risorsa per l’intera Sapienza, affrontando con determinazione i nodi del Policlinico Umberto I (qualità, merito e trasparenza nell’assegnazione delle responsabilità mediche e sanitarie e nell’uso delle strutture; lotta agli sprechi di ogni genere, finanziari, nell’utilizzo delle attrezzature e degli impianti, nella destinazione delle risorse umane; assoluto rigore e trasparenza negli appalti e in tutte le procedure di acquisto di beni e servizi; effettiva fattibilità degli interventi di risanamento edilizio) e dando definitiva soluzione alla inaccettabile carenza di spazi e strutture per la didattica e la ricerca della seconda facoltà.

Pochi e chiari obiettivi sui quali concentrare l’azione per realizzare rapidamente, entro i primi tre mesi di governo, i primi risultati e aprire il nuovo anno 2009 con un passo diverso e con le condizioni necessarie per affrontare l’insieme delle problematiche, anche di prospettiva di medio e lungo termine, che segnino la Sapienza del futuro.


Per puntare sulla qualità della Sapienza:
o aumento dei finanziamenti per la ricerca e riduzione dei contributi sui finanziamenti esterni dei Dipartimenti alla Sapienza centrale fin dal bilancio 2009;
o creazione di uno strumento/struttura, operativo dal 1 gennaio 2009, che faciliti e potenzi l’accesso ai finanziamenti per la ricerca anche attraverso la creazione di un presidio Sapienza in sede europea, la gestione di tutte le attività di project management e di amministrazione, l’utilizzazione e la valorizzazione dei risultati;
o immediata attivazione di un piano di interventi diretti alla valorizzazione del ruolo dei ricercatori, a partire dalla realizzazione della parità dei diritti e dei doveri di tutta la docenza in tutta la Sapienza; costituzione nel bilancio 2009 di un fondo destinato alla valorizzazione, secondo criteri di merito, di giovani che intendono impegnarsi nella ricerca;
o immediata costituzione di un gruppo di lavoro per la razionalizzazione dell’offerta didattica, finalizzata al potenziamento dei corsi di qualità, che produca indicazioni operative fin dall’anno accademico 2009/2010;
o definizione di un piano organico di interventi per la valorizzazione del ruolo del personale tecnico-ammistrativo da rendere operativo dal 1 gennaio 2009.
o immediata ripresa della realizzazione del piano edilizio e immediata costituzione di uno strumento innovativo che ottimizzi l’utilizzo delle risorse finanziarie, riduca i tempi di realizzazione delle opere, consenta di utilizzare pienamente le competenze presenti nella Sapienza; contestuale risoluzione positiva delle attività pregresse riconoscendo le attività sviluppate dai colleghi;
o prolungamento dell’apertura delle biblioteche e delle strutture, a partire dal 1 gennaio 2009.

Per realizzare la Sapienza come sistema federato compiuto:
o immediata realizzazione, a partire dal 1 gennaio 2009, della devoluzione di funzioni agli Atenei Federati e varo dei provvedimenti necessari a garantire la piena autonomia economica e gestionale degli Atenei, fino alla coerente revisione dello Statuto;
o immediata costituzione di un gruppo di lavoro, che dovrà concludere le sue attività entro l’anno 2009, per la revisione della composizione degli Atenei Federati, in modo da tenere conto delle esigenze culturali e gestionali maturate nella fase di avvio del sistema federato;
o immediata costituzione di una vera squadra di governo, attraverso l’attribuzione di deleghe chiare e trasparenti per le principali problematiche, e programmazione di riunioni periodiche del corpo accademico nelle quali discutere e condividere gli indirizzi strategici del governo della Sapienza;

Per assicurare il risanamento finanziario:
o messa a punto e realizzazione di un piano di rientro dal deficit a carattere triennale e annuale, a partire dalla gestione del bilancio 2009; contestuale definizione e attivazione di un piano d’azione diretto al reperimento e all’acquisizione di risorse pubbliche e private, anche attraverso l’individuazione di strumenti innovativi;
o immediato avvio, fin dal bilancio 2009, della gestione federata delle risorse;
o immediata costituzione di un gruppo di lavoro che elabori e definisca proposte per la revisione dei meccanismi nazionali di finanziamento, in modo da tenere conto della specificità della Sapienza e di affermare progressivamente criteri basati sulla qualità e il merito.

Per restituire alle facoltà di medicina e alle strutture della sanità universitaria la valenza pregiata di risorsa per l’intera Sapienza:

o definizione del piano di interventi immediatamente realizzabili per il rilancio della qualità del Policlinico Umberto I, di competenza della Sapienza e/o dell’Azienda (assegnazione delle responsabilità mediche e sanitarie, uso delle strutture, lotta agli sprechi, rigore e trasparenza negli appalti e in tutte le procedure di acquisto di beni e servizi, relazioni sindacali stabilmente improntate alla logica del confronto etc.), da rendere operativo dal 1 gennaio 2009;
o attivazione immediata del confronto con la Regione per la chiara e positiva definizione dei rapporti tra l’Università e le Aziende e dei nodi del Policlinico Umberto I (management, situazione finanziaria, equiparazione dei trattamenti, etc.) in modo da assicurare certezze e un futuro di rilancio e valorizzazione del nesso inscindibile tra didattica, ricerca e assistenza;
o definitiva assunzione delle scelte per il risanamento edilizio del Policlinico Umberto I, accompagnate da un preciso piano di fattibilità, da effettuare entro i primi tre mesi di governo, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione della Facoltà e con il supporto delle istituzioni locali;
o promozione immediata di un tavolo nazionale sui Policlinici Universitari per la definizione di un quadro normativo nazionale adeguato a tutelare e valorizzare la peculiarità dell’attività sanitaria svolta in ambito universitario e a regolare coerentemente il rapporto con il servizio sanitario nazionale e le politiche di finanziamento;
o immediata attivazione del progetto per gli spazi per la didattica e la ricerca della seconda Facoltà di Medicina.

Sono questi i terreni sui quali realizzare risultati in tempi rapidi, concretizzando così il cambiamento che farà la differenza.

martedì, settembre 16, 2008

Riporto di seguito la lettera inviata ai Ricercatori sul ruolo dei Ricercatori per la qualità della Sapienza
A tutte le Colleghe e i Colleghi ricercatori

Oggetto: il ruolo dei Ricercatori per la qualità della Sapienza

Care Colleghe e cari Colleghi.
nei giorni scorsi ho esposto le mie idee programmatiche sul come essere oggi Rettore della Sapienza. Un approccio diverso e più incisivo di governo scegliendo poche, chiare questioni prioritarie per imprimere una svolta alla Sapienza, metterla in grado di affrontare al meglio la complessa fase aperta per l’università e la ricerca italiane, realizzare rapidamente, entro i primi tre mesi di governo, i primi risultati.
Ho posto come prima tra le questioni prioritarie la necessità di puntare sulla qualità della Sapienza, costruendo strumenti e metodi per valorizzare competenze ed eccellenze dei docenti e del personale tecnico amministrativo in modo da assicurare alti livelli nella formazione, competitività nazionale e internazionale della ricerca, efficienza della gestione e funzionalità delle strutture e dei servizi agli studenti.
Sono convinto – e lo sono da tempi lontani, in tutti i ruoli di governo accademico che ho ricoperto, da ultimo nella scorsa tornata elettorale per il Rettore – che per fare qualità, il ruolo dei ricercatori e la sua valorizzazione sia cruciale. I ricercatori sono una componente essenziale della docenza universitaria. Sono stati indispensabili per l’attuazione della riforma degli ordinamenti didattici, sono indispensabili, oggi più che mai, per garantire la qualità dell’offerta formativa. Sono preziosi per realizzare qualità nella ricerca e per affermarne livelli di eccellenza di prestigio internazionale.
Per queste ragioni apprezzo e condivido gli obiettivi indicati dal Coordinamento dei Ricercatori della nostra università. Sono i miei obiettivi per il futuro della Sapienza.
Su questi obiettivi, da Rettore, intendo operare, da subito, costruendo nel contempo attorno ad essi la condivisione e l’impegno di tutta la comunità accademica. Intendo farlo da subito per recuperare ritardi, inadempienze, disattenzioni che hanno contraddistinto questi ultimi anni, nei quali, al di là di quanto era stato preannunciato, sono state del tutto ignorate le esigenze e le problematiche dei ricercatori. Voglio già delineare i passaggi da compiere per definire concretamente il percorso di azione.
1. Garantire nella Sapienza, fin dalle prime settimane di governo, la parità dei diritti e dei doveri di tutta la docenza, in modo omogeneo in tutte le facoltà, determinando in tal senso una sensibilizzazione anche culturale di tutta la comunità accademica; consolidare tale esito in una modifica di Statuto che sancisca piena dignità nella vita dell’università e nei suoi momenti decisionali a tutte le componenti della comunità accademica, garantendo la sua integrale applicazione attraverso l’implementazione di idonei strumenti di governance, quale una commissione permanente per la vigilanza sull’applicazione dello Statuto; coinvolgimento diretto dei ricercatori nel governo della Sapienza che deve trarre impulso innovativo dall’apporto di tutte le componenti della comunità accademica.
2. Affermare il ruolo della Sapienza come protagonista del rilancio del sistema universitario e di ricerca del paese e della sua competitività internazionale, della valorizzazione dell’università pubblica, dell’inscindibile legame tra didattica e ricerca e del ruolo insostituibile dei ricercatori, a partire dall’istituzione della terza fascia della docenza.
3. Concretizzare la valorizzazione della ricerca e dei suoi risultati e la valorizzazione dei ricercatori realizzando strumenti e servizi adeguati, operando scelte mirate di finanziamento, destinando risorse ai percorsi di carriera dei ricercatori e al reclutamento di giovani.
Tutto ciò può essere avviato a realizzazione nei primi tre mesi di governo e a partire dal bilancio per il 2009, in modo da aprire il nuovo anno con un passo diverso, adeguato alla sfida che attende la Sapienza e l’intero sistema universitario e di ricerca del paese.
Occorre però l’impegno in prima persona di tutti i ricercatori. Occorre il vostro impegno che mi accompagni con convinzione e in modo massiccio per vincere le elezioni, con l’espressione di un voto di sostegno chiaro e netto fin dalla prima votazione.
Dal vostro impegno può dipendere l’elezione del Rettore, dal nostro impegno insieme dipenderà il futuro della Sapienza.
Un caro saluto.
12 settembre 2008

Gianni Orlandi

lunedì, settembre 15, 2008

Lettera inviata ai Colleghi della prima Facoltà di Medicina
Alle Colleghe e ai Colleghi della prima Facoltà di Medicina

Care Colleghe e cari Colleghi,
come sempre durante le campagne elettorali, quando si giunge alla vigilia del voto, si registra qualche tono eccessivo, che talvolta indulge a polemiche personali o a letture comode, anche se non veritiere, dei fatti accaduti e della realtà contingente.
Anche in questa occasione avevo sperato, da inguaribile sognatore, che ciò non si sarebbe verificato nella Sapienza oggi, a fronte della vera e propria emergenza che viviamo, nella situazione sempre più difficile nella quale viene spinto il sistema universitario e di ricerca e, in particolare nella nostra regione, il sistema sanitario. Speravo avrebbe prevalso lo spirito solidale di una comunità accademica che vuole eleggere il Rettore in grado di rilanciare la nostra università e di restituire al Policlinico Umberto I le condizioni per fare l’eccellenza che potrebbe.
Ma non voglio abbandonare i sogni per adattarmi alle miserie della realtà, soprattutto non voglio rinunciare al sogno di realizzare veramente, da Rettore, un futuro di qualità per tutta la Sapienza, per le sue Facoltà di medicina, per il Policlinico Umberto I.
Invito allora tutti i colleghi della Facoltà di Medicina e, in particolare, i colleghi che hanno ritenuto di scrivere a sostegno della candidatura di Frati una lettera, che purtroppo si sostanzia soltanto in un attacco alla mia persona, fondato su una vetusta leggenda di sei anni fa, a confrontarsi con la realtà dei problemi e con il percorso da attivare da subito per cambiare davvero le cose, chiudendo definitivamente una stagione di governo che ha lasciato degradare il Policlinico Umberto I, una struttura di sanità universitaria, che era e possiamo far tornare ad essere vanto della città e del paese.
Ho già illustrato a tutti i colleghi linee e obbiettivi precisi, cadenzati nel tempo, che possono produrre i primi risultati nei primi tre mesi di governo, perché c’è urgenza e non è rinviabile gestire con un passo diverso le scelte di governo del Policlinico Umberto I e il rapporto con la Regione, che deve assicurare scelte chiare e nette per valorizzarne il ruolo.
Per tutto ciò cari colleghi, e per lo stile diverso in cui governerò da Rettore, fondato sulla trasparenza e sulla partecipazione, vi chiedo di votarmi e di farlo subito, fin dalla prima votazione. Proprio voi, cari colleghi, che siete così numerosi al voto, potete essere protagonisti della svolta che chiude con il passato e, finalmente, costruisce il futuro.
Insieme, possiamo farlo e concretizzare il sogno di eccellenza per le nostre facoltà di medicina, per il Policlinico Umberto I, risorse di tutta la Sapienza.
Un caro saluto.
14 settembre 2008
Gianni Orlandi