giovedì, novembre 13, 2008

Linee Guida del Governo per l’Università



Autonomia, responsabilità, merito
L’Europa, attraverso la strategia di Lisbona, ha posto il traguardo di una società basata sulla conoscenza. L’Italia ha come principale risorsa il suo capitale umano. Il Governo sin dalle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio
ha indicato come obiettivi strategici per il Paese l’equilibrio di bilancio, l’implementazione dell’Agenda di Lisbona, il recupero del gap di competitività nei confronti dei principali partners europei. Queste linee guida per l’università sono la proposta aperta per realizzare la strategia di governo della legislatura.

L’università e la ricerca sono una ricchezza fondamentale per l’Italia. Per tornare ad essere uno strumento davvero efficace di crescita e di promozione sociale e personale in un Paese avanzato, l’università deve cogliere con coraggio la richiesta di rinnovarsi, rendersi trasparente nella condotta e nei risultati, dimostrare con la forza dei fatti di saper progettare un futuro ambizioso.

Miglioramento del sistemaLe difficoltà della congiuntura economica impongono uno sforzo per raggiungere in tempi rapidi l’equilibrio di bilancio, ma questo sforzo rappresenta anche una sfida a migliorare un sistema che accanto a punti di forza innegabili presenta molti aspetti di criticità. In questo momento è chiaro che la strada per conquistare eventuali maggiori risorse passa obbligatoriamente attraverso riforme coraggiose e profonde, che sappiamo impostare su basi più adeguate lo sviluppo culturale del nostro Paese e rafforzarne la competitività internazionale.

Gestione responsabileLa gestione responsabile e la sostenibilità economica sono infatti condizioni essenziali dell’autonomia di cui le università giustamente godono. Bisogna prima di tutto spendere bene le risorse disponibili e per questo dobbiamo promuovere insieme una collaborazione virtuosa tra Ministero ed atenei, fondata su una limpida distinzione di compiti: il primo deve accreditare, valutare, incentivare e soprattutto garantire il rispetto degli standard qualitativi; i secondi devono assicurare alla comunità nazionale e internazionale, in riferimento a parametri qualitativi ed economici concordati e verificati, educazione di qualità, ricerca di alto livello, gestione efficiente delle risorse, contributo efficace allo sviluppo culturale, economico e tecnologico del Paese.

MeritocraziaAutonomia e responsabilità, quindi, ma anche, soprattutto, il merito come criterio costante di scelta: nell’allocazione delle risorse, nella valutazione dei corsi e delle sedi, nella scelta e nella remunerazione dei docenti, nella promozione della ricerca. Esistono certamente punti di forza indubbia nelle nostre università, ma stiamo perdendo terreno rispetto ad altri Paesi. Le classifiche internazionali, che pure non sono esenti da difetti, presentano anno dopo anno un quadro per noi sconfortante: l’Italia conquista risultati di rilievo grazie ad istituzioni quali la Scuola Normale Superiore di Pisa e la SISSA di Trieste, ma nessuna delle nostre università generaliste si colloca in posizioni accettabili. Il contrasto tra questi due dati indica che possiamo, e quindi dobbiamo sforzarci di competere ai massimi livelli. L’obiettivo deve quindi essere quello di migliorare il posizionamento complessivo dei nostri atenei e creare allo stesso tempo maggiori opportunità perché i migliori sviluppino a fondo il loro potenziale competitivo.

Sfida nazionaleIl Governo si impegna a dare al Paese un’università più libera, più moderna, più forte e chiede al Parlamento, ai protagonisti dell’università, al mondo del lavoro e delle imprese di prendere parte ad una sfida nazionale per proiettare il nostro sistema universitario verso i migliori standard internazionali.


Lo studente al centro dell’università
L’investimento più importante che il Paese può fare è quello sul capitale umano, sui giovani che ne rappresentano il futuro e per questo gli studenti, le loro esigenze e le loro aspirazioni, vanno rimessi al centro della nostra missione. L’università è stata in tempi non remoti uno strumento straordinario di mobilità sociale: perché torni ad esserlo dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla qualità dell’offerta e dei servizi.
Corsi di laurea dequalificati danneggiano soprattutto gli studenti che provengono da situazioni meno privilegiate, perché offrono un surrogato spesso inutile di una vera e propria educazione universitaria.
Abbandono degli studiIl numero troppo alto di abbandoni di studenti iscritti ma inattivi, di non frequentanti, è indice di una patologia grave, troppo spesso accettata come inevitabile: il 20% degli studenti lascia dopo il primo anno e solo il 50% degli immatricolati completa gli studi conseguendo il titolo. Non meno ingiustificato è il fatto che la laurea triennale sia spesso considerata solo una prima tappa incompleta e la gran parte dei laureati senta di doversi iscrivere immediatamente alla laurea magistrale.
Dobbiamo essere certi che le università immettano nel mondo del lavoro una nuova leva di laureati triennali ben preparati ed è quindi indispensabile da parte degli atenei una maggiore consapevolezza della propria missione e delle proprie responsabilità, così come è necessario sviluppare sia nel settore pubblico che in quello privato una migliore conoscenza e un maggiore apprezzamento delle lauree triennali. Le nuove norme previste dal DM 270 offrono l’occasione di riformulare secondo criteri più rigorosi l’offerta formativa: il Governo intende accelerare l’applicazione dei requisiti previsti e correggere alcuni aspetti che si prestano ad un miglioramento.
Atto di indirizzoSi impone, in generale, una revisione dei meccanismi di spesa volto a potenziare il finanziamento della domanda di educazione rispetto a quello dell’offerta: il diritto allo studio non si realizza infatti con la moltiplicazione di microsedi sotto casa, ma mettendo gli studenti in grado di perseguire le loro aspirazioni tramite borse di studio, prestiti d’onore, residenze, servizi. Il decreto legge appena varato aumenta in modo cospicuo gli investimenti in questa direzione, ma è necessaria una stretta collaborazione con gli Enti locali e altri soggetti istituzionali, quali ad esempio le Fondazioni bancarie, per concentrare gli sforzi su un nuovo modello di accesso alla formazione universitaria.


L’offerta formativa
Il miglioramento dell’offerta formativa e il risanamento del sistema sono strettamente connessi, perché diseconomie e mancanza di progetti ben definiti incidono negativamente su entrambi. A una laurea triennale solida, seria e a spettro ragionevolmente ampio si devono affiancare una laurea magistrale di effettiva specializzazione e un dottorato di ricerca di livello pari alle migliori esperienze internazionali.
Queste le azioni prioritarie:
A.1 razionalizzare e ridurre gli insegnamenti, 120.000 nel 2002-03, ma ora 180.000, affidati per il 40% a docenti esterni (spesso giovani sottopagati);
A.2 razionalizzare i corsi di studio, proliferati in modo abnorme anche in assenza di credibili motivazioni scientifiche. In 8 anni si è passati da circa 2.500 corsi di laurea e di diploma ad oltre 5.500 corsi di primo e secondo livello, spesso ulteriormente divisi in curricula.Il Governo auspica che le università procedano ad una netta riduzione da subito, anche prima che siano emanati i necessari provvedimenti ministeriali;
A.3 rafforzare la laurea magistrale che non deve essere complemento quasi obbligato alla triennale, ma percorso formativo specialistico da intraprendere anche in fasi diverse della crescita professionale ed umana;
A.4 combattere la dispersione degli studenti, soprattutto dopo il primo anno: sono troppo numerosi gli iscritti che non si laureano e vanno quindi rafforzate le azioni di orientamento degli studenti nel delicato passaggio tra scuola superiore ed università. È inoltre essenziale dare impulso alla formazione integrativa per offrire più ampia libertà di scelta agli studenti;
A.5 incentivare i corsi di laurea e in particolare di laurea specialistica con insegnamenti in lingua straniera, anche in partenariato con istituzioni estere, sia per attrarre studenti da altri Paesi, sia per preparare i nostri alle sfide del mondo globale;
A.6 modificare le procedure di accesso ai corsi a numero programmato per renderle più affidabili ed omogenee agli standard internazionali;
A.7 sperimentare nuovi modelli di percorsi di studio a ciclo unico in presenza di specifiche esigenze di carattere scientifico e didattico;
A.8 avviare, in linea con gli impegni assunti in sede europea, le procedure di accreditamento dei corsi e delle sedi sulla base della qualità e della sostenibilità;
A.9 analizzare e valutare le sedi decentrate degli atenei, oggi troppo numerose (oltre 300) e non sempre provviste dei necessari requisiti strutturali e qualitativi e verificare contestualmente la loro sostenibilità finanziaria;
A.10 proseguire e rafforzare le azioni intraprese per incentivare l’educazione tecnico-scientifica.


Il diritto allo studio
Vanno aggiornate le norme sul diritto allo studio, che devono essere rese più efficaci e aderenti ai bisogni degli studenti e va dato un forte impulso alla diffusione dei prestiti d’onore. Il diritto allo studio è facilitare l’accesso ad una università qualitativamente rigorosa, capace di fornire strumenti di crescita professionale e personale. Un elemento chiave di questa strategia consiste nel portare lo studente verso le sedi universitarie e non viceversa. L’Italia sconta un ritardo storico nella costruzione di alloggi per studenti, con poco più di 54.000 posti letto disponibili nel sistema a fronte di circa 660.000 studenti fuori sede.

B.1 rivedere le norme sul diritto allo studio per renderle più efficaci e aderenti ai bisogni degli studenti;
B.2 potenziare, in collaborazione con le Regioni, gli Enti locali, le Agenzie per il diritto allo studio e altri soggetti, pubblici e privati, le risorse destinate alla costruzione di residenze universitarie, al fine di incentivare la mobilità interna ed internazionale degli studenti;
B.3 rafforzare, in collaborazione con il sistema bancario, la disponibilità dei prestiti d’onore;
B.4 incrementare i corsi universitari in orario serale per far fronte alle esigenze degli studenti che lavorano, anche al fine di ridurre il fenomeno del fuori corso e dei non frequentanti;
B.5 favorire lo sviluppo della formazione continua lungo l’arco della vita, funzione indispensabile in un’economia avanzata e in rapida trasformazione.


Il merito e la valutazione
QualitàL’allocazione delle risorse sulla base della qualità (della ricerca, dell’insegnamento e dei suoi risultati, dei servizi e delle strutture) è per il Governo il criterio fondante di un nuovo sistema universitario più libero e più responsabile, sia a livello centrale che nei singoli atenei. Già nel 2009 il 7% di tutti i fondi di finanziamento alle università sarà erogato su base valutativa e la percentuale è destinata a crescere rapidamente negli anni successivi per allinearci alla migliore prassi internazionale. L’obiettivo è infatti quello raggiungere entro la legislatura il 30%.
Le azioni prioritarie:
C.1 accelerare l’entrata in funzione dell’Agenzia della valutazione con piena trasparenza ed autonomia, a seguito delle modifiche regolamentari necessarie per renderla più efficiente ed incisiva;
C.2 predisporre, sulla base dell’esperienza già acquisita dal CIVR, un modello di valutazione delle strutture di ricerca, universitarie e non, che prenda in considerazione l’attività scientifica di ogni dipartimento nel suo insieme e consenta quindi un’allocazione delle risorse su base qualitativa dipartimento per dipartimento;
C.3 attribuire da subito ai risultati della valutazione della ricerca un peso significativo nell’attribuzione delle risorse e nell’allocazione delle borse di dottorato e di nuovi posti da ricercatore;
C.4 assicurare al CIVR e al CNVSU le risorse necessarie per proseguire la loro attività in attesa dell’entrata in funzione dell’Agenzia e, specificamente, consentire al CIVR di avviare il secondo esercizio di Valutazione triennale della ricerca e concluderlo entro il 2009.


Il reclutamento e lo stato giuridico dei docenti
I docenti sono il cuore e la mente dell’università. Purtroppo negli anni alcune esigenze corporative sono state anteposte a quelle degli studenti e dei giovani studiosi, con risultati che, paradossalmente, hanno fatto aumentare i costi della docenza e allo stesso tempo escluso molti giovani meritevoli dal mondo della ricerca. Nel 1998, prima della riforma dei concorsi, professori e ricercatori di ruolo erano meno di 50.000, oggi sono oltre 62.000: un aumento complessivo del 24%, ma per gli ordinari addirittura del 46%, a fronte di una crescita del 7% della popolazione studentesca. Gli ordinari sono più degli associati e poco meno dei ricercatori e l’età media di ingresso in tutti e tre i ruoli è troppo alta (più di 50 anni per gli ordinari, di 44 per gli associati, di 36 per i ricercatori): si tratta di una situazione abnorme e insostenibile.
Turnover
Percentuale di crescita dei docentiIl Governo ritiene indispensabile rompere il circolo vizioso in cui spesso si creano nuovi corsi per creare nuovi posti. La stretta sul turnover è in questo senso una misura di emergenza necessaria, soprattutto alla luce del fatto che saranno espletati nei prossimi mesi concorsi per l’attribuzione di oltre 3.700 idoneità da associato ed ordinario. Come prima misura urgente il Governo ha rimodulato il turnover per favorire al massimo il ricambio generazionale tramite l’assunzione di un numero elevato di giovani ricercatori e ha rivisto in via transitoria le regole per il reclutamento di docenti e ricercatori al fine di modificare un sistema criticato da ogni parte. E’ peraltro urgente una riforma organica dei meccanismi di reclutamento e dello stato giuridico basata sul riconoscimento del merito e allineata con la prassi internazionale. Il meccanismo delle idoneità multiple si è rivelato negli anni fonte di deresponsabilizzazione e va quindi eliminato. In questa materia così delicata il Governo auspica un’ampia condivisione di obiettivi e di metodo con tutte le forze parlamentari.
Le azioni prioritarie:
D.1 riflettere sull’assetto complessivo della carriera accademica, con particolare riferimento al ruolo d’ingresso e alle diverse caratterizzazioni che esso può assumere;
D.2 elaborare parametri condivisi di qualificazione scientifica per l’accesso ai diversi ruoli della docenza, anche con l’utilizzo, ove possibile, di indicatori di qualità scientifica internazionalmente riconosciuti (impact factor; citation index): il CUN è già al lavoro in questo senso;
D.3 incentivare la mobilità degli studiosi tra l’Italia e l’estero e tra le varie università italiane, prevedendo anche, se necessario, che l’avvio della carriera accademica debba svolgersi in una sede diversa da quella in cui si sono compiuti gli studi;
D.4 incentivare l’internazionalizzazione del corpo docente, condizione indispensabile per introdurre più innovazione nei nostri atenei ed attrarre studenti dall’estero; specificamente, incentivare fortemente gli atenei che assumono giovani ricercatori che hanno conseguito il dottorato in altri atenei italiani o esteri.
D.5 dare priorità ad un nuovo meccanismo di reclutamento dei giovani ricercatori ispirato ai principi della Carta europea dei ricercatori e basato sulla valutazione del merito. La modifica già proposta in via transitoria dal Governo assicura da subito un maggior coinvolgimento della comunità scientifica nazionale ed elimina, allineandosi alla prassi internazionale, le prove d’esame;
D.6 ripensare il ruolo dei ricercatori universitari, il cui stato giuridico non è allineato alla funzione che la gran parte di essi effettivamente svolge nelle università;
D.7 riformare i meccanismi di selezione dei professori associati ed ordinari assicurando che entrambi avvengano sulla base del merito e nel rispetto di parametri di riferimento condivisi;
D.8 studiare la possibilità di prevedere modalità sperimentali di reclutamento più aderenti alle esigenze di delle Scuole a statuto speciale o di altre istituzioni con caratteristiche simili;
D.9 rivedere il meccanismo degli automatismi stipendiali, che non necessariamente premia la qualità della ricerca e l’impegno nella didattica, sostituendolo gradualmente con valutazioni periodiche dell’attività svolta;
D.10 ridefinire e ridurre in tempi rapidi i settori scientifico-disciplinari, oggi troppo numerosi e frammentati, fonte di rigidità del sistema universitario e disincentivo alla ricerca interdisciplinare e innovativa;


Il dottorato di ricerca
Nel contesto di un approccio rinnovato alla docenza e al reclutamento assume un’importanza particolare un ripensamento del dottorato di ricerca e del post-dottorato. È importante che il valore scientifico del dottorato sia alto e internazionalmente riconosciuto come tale. Il dottorato costituisce infatti il grado più alto di specializzazione offerto dall’università, sia per chi intende dedicarsi alla ricerca, sia per chi desidera entrare nel mondo produttivo dotato di credenziali scientifiche di particolare peso. La situazione attuale presenta alcune evidenti criticità. I corsi di dottorato sono oltre 2.200, con una media di appena 5,6 iscritti per corso: si tratta di una frammentazione davvero eccessiva, che non consente di creare quella comunità di giovani studiosi impegnati in uno specifico ambito di ricerca che costituisce la vera forza dei dottorato.
Il dottorato deve inoltre acquisire una dimensione sempre più internazionale e favorire la mobilità dei giovani. Oggi meno del 5% dei dottorandi attivi in Italia proviene dall’estero. E’ necessario intervenire su questo fronte e recepire prontamente le indicazioni che ci provengono dall’Europa in vista della creazione di una European Research Area volta a facilitare la libera circolazione degli studiosi.
European Research AreaLe azioni prioritarie:
E.1 razionalizzare e riorganizzare i dottorati di ricerca, sia attraverso la riduzione del numero dei corsi attivato, sia attraverso il rafforzamento di scuole dottorali di ateneo dotate di massa critica, adeguate strutture per la ricerca e elevati livelli di qualità e produttività scientifica;
E.2 collegare l’attivazione dei corsi di dottorato a precisi ed elevati requisiti, relativi sia alla qualità e alle dimensioni delle strutture e delle attrezzature di ricerca, sia alla qualità della ricerca prodotta, come valutata dal CIVR;
E.3 predisporre nuove modalità di ammissione allineate con la prassi internazionale;
E.4 ripensare la struttura e la durata del dottorato, che dovrebbe essere vincolata al raggiungimento di verificabili risultati scientifici;
E.5 incentivare la dimensione internazionale dei programmi di dottorato nella struttura, nelle procedure di ammissione, nella direzione delle tesi e nella valutazione dei risultati;
E.6 aumentare la quota di insegnamento strutturato all’interno dei programmi di dottorato;
E.7 promuovere la residenzialità dei dottorandi, anche al fine di incentivare la possibilità per i laureati di un ateneo di iscriversi al dottorato in una sede diversa da quella in cui hanno compiuto gli studi, condizione essenziale questa per favorire la circolazione delle idee e degli studiosi;
E.8
Stanziato un fondo di 50 milioni di euro per il 2009facilitare lo sviluppo di progetti di ricerca di altissima qualità, selezionati secondo i più avanzati standard internazionali, da parte di giovani studiosi che abbiano conseguito il dottorato. A tal fine il Ministero ha già stanziato per il 2009 un fondo di 50 milioni di euro.


La governance
I tempi sono maturi per una modifica delle forme di governo degli atenei che rafforzi autonomia, democrazia e bilanciamento dei poteri, responsabilità chiare, valutazione dei risultati ed efficacia gestionale. L’attuale sistema, sedimentatosi in tempi molto diversi dagli attuali, implica evidenti difficoltà sia di indirizzo che di gestione e controllo.
Modelli organizzativi e istituzionaliÈ anche opportuno riflettere sui modelli organizzativi e istituzionali adatti a un sistema universitario maturo e complesso, che include università di antichissima e recentissima istituzione, grandi e piccole, specialistiche e generalistiche, e in cui anche le università non statali dovranno garantire un’alta qualità del servizio formativo erogato e della ricerca scientifica in esse effettuata, secondo gli standard che verranno fissati dall’organo nazionale di valutazione.
All’interno di un quadro di riferimento comune ogni ateneo dovrebbe riflettere liberamente su quale assetto sia più rispondente alla sua identità e ai suoi progetti.
Le azioni prioritarie:
F.1 richiedere agli atenei di adottare entro sei mesi un codice etico che individui tra l’altro in modo puntuale i casi di incompatibilità e di conflitto di interesse;
F.2 completare la messa a punto delle norme che consentono alle università, a seguito di autonoma deliberazione, di assumere la forma giuridica di fondazioni, prevedendo in ogni caso che resti regolata per legge ai livelli attuali la contribuzione degli studenti, e che sia in ogni caso garantito e sviluppato un solido sistema di sostegno finanziario tramite borse di studio e altre forme di supporto;
F.3 sviluppare negli atenei la cultura della accountability verso l’esterno, incentrata sulla comunicazione trasparente dei risultati ottenuti nelle attività di ricerca, di formazione e di trasferimento tecnologico e dei finanziamenti esterni acquisiti; sulla riflessione sui costi, sulla sostenibilità di medio-lungo periodo delle iniziative, sul valore patrimoniale degli atenei e sulle reali situazioni debitorie e creditore. Sono necessarie, tra l’altro, la rapida messa a punto di schemi contabili omogenei e la certificazione dei bilancii.
F.4 distinguere in modo netto tra le funzioni del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione, riservando al primo il compito di rappresentare le istanze scientifiche e accademiche, al secondo quello di definire le linee di indirizzo per la pianificazione strategica dell’ateneo nel suo complesso e di assicurare una corretta e prudente gestione ispirata agli interessi generali, che devono quindi in esso prevalere;
F.5 eliminare la duplicazione di organi spesso pletorici e snellire i processi decisionali e, in particolare, integrare maggiormente la gestione della didattica e della ricerca attraverso processi di riorganizzazione dell’articolazione interna all’ateneo. L’attuale ripartizione di compiti tra Facoltà, Dipartimenti e Corsi di Laurea è causa di inefficienza e confusione;
F.6 ridefinire il ruolo del rettore, creando le condizioni affinché questi possa realmente assumere la piena responsabilità delle sue decisioni (chiaramente delineate nel programma elettorale) e porre in atto la difficile sintesi tra esigenze interne ed esterne spesso contrastanti, incanalandole in una strategia generale per l’eccellenza della ricerca, la qualità della didattica e l’innovazione amministrativa;
F.7 limitare a non più di due mandati e comunque un massimo di 6 e 8 anni rispettivamente, la permanenza in carica di presidi e rettori e prevedere che anche per questi ultimi il mandato non possa estendersi oltre la data di collocamento a riposo;
F.8 rafforzare la leadership istituzionale attraverso specifiche attività di formazione dei docenti interessati ad assumere incarichi direttivi;
F.9 rafforzare la funzione gestionale delle università, ponendo attenzione alla professionalizzazione di coloro cui competono responsabilità finanziarie, tecniche ed amministrative;
F.10 favorire i processi di aggregazione e riorganizzazione federale degli atenei su base regionale o macroregionale per offrire agli studenti un’educazione di qualità, evitare duplicazioni inutili di corsi, favorire la collaborazione nella ricerca e nella condivisione dei servizi.


Il valore legale del titolo di studio
Il Governo ritiene indispensabile affrontare il tema del valore legale del titolo di studio. Si tratta infatti di un istituto le cui ragion d’essere, oggi, sembrano ad alcuni superate da una realtà in cui conta soprattutto poter fornire agli studenti, alle famiglie, ai datori di lavoro, dati certi sulla qualità dei corsi e delle strutture. La prospettiva, l’accreditamento, deve quindi farsi carico di garantire il valore sostanziale dei titoli rilasciati dagli atenei, superando una concezione formalistica che è anche causa non ultima di alcune degenerazioni del sistema.


La responsabilità finanziaria
Necessità di riformeLa preoccupazione, più che comprensibile, legata al tema delle risorse, non deve distogliere dalla necessità di elaborare riforme in profondità. Negli ultimi dieci anni l’università ha vissuto una crescita tumultuosa e, quali che fossero le intenzioni di partenza, il risultato è un sistema che assorbe per gli stipendi quasi tutte le risorse che lo Stato gli affida ogni anno. Un cambiamento di rotta è urgente.
Le azioni prioritarie:
G.1 incentivare l’adozione della contabilità economico-patrimoniale. Questa è infatti uno strumento conoscitivo essenziale per gli atenei, i loro interlocutori esterni e il Ministero e consente l’individuazione di costi standard correlati al raggiungimento di precisi parametri qualitativi;
G.2 ridurre gradualmente l’incidenza della spesa per il personale al fine di liberare le risorse necessarie per le missioni fondamentali delle università;
G.3 rendere più restrittivo il vincolo da indebitamento;
G.4 non consentire la messa a bando di nuovi posti agli atenei che hanno superato il limite di legge nel rapporto tra assegni fissi e FFO;
G.5 aggiornare l’attuale modello di finanziamento per assegnare un peso maggiore alla qualità della didattica e della ricerca, accertate con la valutazione;
G.6 imporre agli atenei con bilanci in deficit, o che non rispettano gli attuali vincoli di legge, un piano concreto e rapido di rientro nella norma e predisporne il commissariamento in caso di inadempienza;
G.7 rivedere il rapporto tra le facoltà mediche, gli atenei e il sistema sanitario, al fine di raggiungere un equilibrio tra funzioni e costi.

Sfida del programma
Queste linee guida, insieme alle altre proposte che emergeranno dal confronto parlamentare e dalla discussione pubblica, saranno tradotte in disegni di legge, nella convinzione che le istituzioni della Repubblica sapranno essere al servizio del Paese e del suo futuro.

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