domenica, novembre 02, 2008

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sul sito La Voce del 31 ottobre 2008

TRE PROPOSTE PER L'UNIVERSITA'

di Tullio Jappelli 31.10.2008

Nel confronto internazionale l'Italia è in forte ritardo perché premia poco l'investimento in capitale umano, nel mercato del lavoro, nella scuola e nell'università. I tagli previsti dalla Finanziaria aggravano il problema. Merito degli studenti aver riportato la questione della quantità e qualità degli investimenti per l'istruzione all'attenzione dell'opinione pubblica. Per formulare risposte concrete è utile partire dall'esperienza europea del VII programma quadro e da quella nazionale del Civr. Ma anche le singole sedi devono dotarsi di strumenti per premiare il merito.

Le ricerche condotte dai migliori economisti internazionali indicano che la scarsa crescita in Europa è in buona parte da attribuire alla quantità e qualità della spesa in istruzione e ricerca, vale a dire alla bassa crescita delcapitale umano(1) L’importanza dell’investimento in ricerca è tanto maggiore quanto più il paese è vicino alla frontiera tecnologica. Anche se la dimensione del problema è europea, in Italia si presenta in modo particolarmente grave, sia sotto il profilo della bassa crescita economica, sia sotto quello del ritardo nel livello e nella crescita del capitale umano. I tagli alla ricerca e all’università previsti dalla Finanziaria aggravano il problema, senza indicare allo stesso tempo una prospettiva per il paese.

IL PROBLEMA

Nel confronto internazionale l’Italia è in forte ritardo perché premia poco l’investimento in capitale umano, nel mercato del lavoro, nella scuola e nell’università. Per valorizzare il capitale umano occorre premiare ilmerito, cioè stimolarlo con incentivi, sia monetari sia non economici. Il legame tra incentivi e risultati è particolarmente rilevante nel contesto del capitale umano, che non può essere accumulato prescindendo dal coinvolgimento delle persone fisiche e, diversamente dal capitale fisico, non può essere solo il frutto della scelta di un possibile decisore pubblico. La qualità delle proposte per l’università va quindi misurata sulla base della capacità di valorizzare il capitale umano.
Attualmente l’università italiana non promuove il merito. I fondi per la ricerca e l’alta formazione sono modesti. La percentuale di docenti e studenti stranieri è trascurabile. La mobilità tra sedi è scarsa, perfino a livello di reclutamento dei dottorandi. I programmi di ricerca esistenti non hanno consentito ai gruppi di ricerca più dinamici di emergere e affermarsi a livello internazionale. Spesso le gerarchie accademiche non corrispondono a situazioni di merito, ma al perpetuarsi di posizioni di privilegio. Ciò che colpisce negativamente è che, oltre alla scarsa internazionalizzazione del nostro sistema di ricerca - cioè uno scarso afflusso di ricercatori dall’estero, in particolare nella fase post-doc - l’investimento pubblico su giovani portatori di idee innovative è limitatissimo, sia per quanto riguarda le retribuzioni, sia per quanto riguarda l’assegnazione di fondi sotto la loro diretta responsabilità. Il taglio dei fondi indiscriminato e il blocco del turn-over previsto dalla legge 133 non affrontano nessuno di questi problemi.
Il merito degli studenti e delle proteste di queste settimane è avere riportato il problema della quantità e qualità degli investimenti per l’istruzione all’attenzione dell’opinione pubblica. La reazione del governo alle proteste è miope, immaginando che il solo taglio delle risorse sia in grado di generare maggiore efficienza. Invece accade l’esatto contrario: genera sfiducia tra coloro che nell’università lavorano, e indifferenza tra coloro che la usano per altri scopi e che ne saranno toccati solo marginalmente. Senza rendersi conto che gli impegni di spesa già presi e la mancanza cronica di fondi sono ottimi argomenti per chi non vuole cambiare nulla. 
Al di là di vasti programmi e annunci di riforme future, per formulare risposte concretamente praticabili occorre ripristinare i fondi tagliati e distribuirli sulla base delle esperienze già acquisite, quella europea del VII programma quadro e quella nazionale del nostro Comitato di valutazione della ricerca. Ma occorre anche costringere le singole sedi a dotarsi di strumenti per premiare il merito.

LA DIMENSIONE EUROPEA: IL CONSIGLIO EUROPEO DELLE RICERCHE

L’istituzione del Consiglio europeo delle ricerche (Erc) ha creato le condizioni per intervenire nell’area più sensibile del sistema, e cioè premiare i giovani ricercatori responsabili di progetti di ricerca innovativi. Oggi, Erc finanzia solo pochi progetti per ciascuna area disciplinare, e quindi di per sé non avrà un grande impatto sulla ricerca europea. Rappresenta però un’occasione straordinaria per tutti i paesi dell’Unione. Una parte delle risorse pubbliche potrebbe essere utilizzata per finanziare i progetti dei ricercatori esclusi dalle graduatorie europee, ma valutati positivamente dai panel di area. Quei progetti offrono la possibilità di finanziare per cinque anni scienziati di qualsiasi nazionalità, già presenti in Italia o provenienti dall'estero, siano essi o meno nei ruoli delle università nazionali. Se ogni anno il ministero assegnasse 150 milioni di euro a tale programma, stimando un costo medio annuo di 150mila euro per ciascun progetto, sarebbe possibile finanziare ogni anno mille progetti di qualità. Finanziare i migliori giovani ricercatori e indirettamente gli atenei che li ospitano instaurerebbe anche un fondamentale principio di concorrenza tra le sedi.

LA DIMENSIONE NAZIONALE: IL COMITATO DI VALUTAZIONE DELLA RICERCA

L’esercizio del Civr relativo al 2001-03 è stato il tentativo più serio di valutare in modo sistematico la ricerca pubblica in Italia. Ma è caduto nel vuoto ed è stato considerato al più un elemento conoscitivo del sistema piuttosto che lo strumento principale per attribuire nuove risorse. Non solo a livello centrale non sono scaturiti segni di discontinuità con le modalità di assegnazione dei fondi, ma nemmeno le sedi locali hanno utilizzato quelle valutazioni per attribuire risorse in modo premiale, o lo hanno fatto in modo trascurabile. I tempi operativi della nuova agenzia di valutazione saranno lunghi, perdendo tempo prezioso. Invece, già nel 2009 il ministero dell’Istruzione potrebbe ripartire una quota consistente del fondo di finanziamento ordinario e dei fondi per il dottorato di ricerca sulla base dei punteggi assegnati dal Civr. Lo stesso Civr dovrebbe essere prontamente messo in grado di funzionare e valutare la ricerca del triennio più recente, in modo da condizionare l’erogazione dei fondi nel 2010.

LA DIMENSIONE NAZIONALE E LE RESPONSABILITÀ DEGLI ATENEI

Per accedere ai finanziamenti per la ricerca, ciascun ateneo dovrebbe annunciare un proprio credibile piano di ricerca, indicando quali iniziative intende prendere per promuovere il merito e migliorare la qualità della ricerca, come intende utilizzare le valutazioni del Civr, con quali criteri intende ripartire i fondi tra le aree di ricerca e all’interno delle singole aree, come concentrare le risorse per i dottorati nelle aree di ricerca più promettenti.

(1) Acemoglu, Aghion, Zilibotti, Distance to frontier, selection and economic growth, Journal of the European Economic Association, 2006.

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