domenica, gennaio 29, 2012


PERCHÉ CANCELLARE IL VALORE LEGALE DELLA LAUREA

di Pietro Manzini 27.01.2012
Il valore legale del titolo di studio fa sì che ogni laurea conferita da una qualsiasi delle ottanta università italiane abbia lo stesso peso nel mercato degli impieghi pubblici. Così gli atenei hanno scarsi incentivi a scegliere docenti preparati; i laureati bravi sono intercettati dal settore privato; le risorse delle famiglie premiano i servizi formativi scadenti. Problemi che si potrebbero superare se l'amministrazione pubblica valutasse le lauree sulla base di un ranking delle università di provenienza dei candidati. Come vorrebbe una proposta in discussione nel governo.
Nel governo Monti si sta discutendo una riforma dell’università che potrebbe avere effetti assai più rilevanti di tutte quelle succedutesi negli ultimi venti anni. Quattro sarebbero le questioni in discussione:
- eliminazione del vincolo del tipo di studio per l’accesso ai concorsi pubblici
- eliminazione del valore del voto di laurea nei concorsi pubblici
- valutazione differenziata della laurea a seconda della qualità della facoltà/università di provenienza
- eliminazione o riduzione del peso della laurea nei concorsi pubblici

LE PROPOSTE

La prima proposta è positiva perché ammettere ai concorsi per la dirigenza pubblica lauree in storia, o arte o lettere, eccetera, accanto alle tradizionali di giurisprudenza, scienze politiche o economia consente di immettere saperi utili e diversificati che arricchirebbero il sistema pubblico. La riforma però non potrebbe coinvolgere l’accesso a professioni per le quali uno specifico sapere tecnico è imprescindibile, come ad esempio quelle di ingegnere, medico o avvocato, che richiedono lauree non fungibili con altre.
La seconda, diretta ad eliminare il valore del voto di laurea nei concorsi pubblici, non convince interamente. Per un verso, curerebbe il vizio di alcuni atenei o facoltà di valutare generosamente i propri studenti, “regalando” voti alti e lodi non corrispondenti alla effettiva preparazione. Tuttavia, l’eliminazione del valore del voto rischia di disincentivare gli studenti a migliorare la loro preparazione: se non c’è differenza tra 90/110 e 110/110 perché sforzarsi di raggiungere l’eccellenza? E cancella un dato, forse non sempre preciso, ma utile per il possibile datore di lavoro: una laurea presa con 90/110 e una con 110/110 segnalano una differenza netta di preparazione degli studenti interessati, in qualunque università.
La terza proposta, che consiste nel “pesare” in maniera diversa le lauree a seconda dell’università/facoltà di provenienza, è quella che promette i mutamenti più radicali e positivi.   

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